Ai microfoni di IlSognoNelCuore è intervenuto in esclusiva Daniele Pagani, opinionista esperto di calcio sudamericano, intervistato dal nostro Emanuele Cantisani, ha parlato di alcuni nuovi sudamericani della nostra Serie A.
ESCLUSIVA – Daniele Pagani: “Milan, ti presento Giménez. E su Lautaro…
Buongiorno Daniele, ben ritrovato. Andiamo dritti al sodo: in casa Milan esce Morata direzione Galatasaray e entra Santiago Giménez. Nonostante il buon inizio, sul messicano sembra esserci ancora scetticismo…
“Le partite d’esordio, con l’assist per João Félix contro la Roma in Coppa Italia ed il gol contro l’Empoli in campionato, sono degli episodi che restituiscono sensazioni molto positive, come primo impatto, non c’è che dire. Era da qualche anno che il Milan non metteva a segno un colpo del genere, là davanti. Intendo dire in termini di futuribilità e di portata dell’investimento, di voglia di imprimere uno scarto al passato, senza stare a dibattere troppo su questioni come il livello del calcio olandese in rapporto a quello italiano o qualsiasi genere di discorso orientato in quella direzione. I flop capiteranno sempre. Per dirne uno: André Silva, arrivato in rossonero più o meno con la stessa età di Giménez, e praticamente per le stesse cifre, e sempre da un campionato secondario. Ha fallito, e la cosa può scottare il tifoso renderlo più scettico, ci può anche stare, ma il suo caso non può essere assunto a metonimia per ogni investimento su un giocatore con delle credenziali simili alle sue. Oppure, guardiamo Piątek: arrivato a venticinque anni, a gennaio, come Giménez, per riparare, dopo sei mesi di fiamme debordanti con il Genoa. Tempo un anno è stato spedito all’Hertha Berlino. Neanche un curriculum importante, e l’esperienza internazionale, se è per questo, danno garanzie di successo. Fernando Torres e Higuaín erano delle operazioni di rilancio, hanno fallito. Morata e Bacca, così e così. Sempre in chiaroscuro. A conti fatti, l’unico a rendere per davvero è stato Olivier Giroud. E se uno come Giménez non va bene, con i suoi numeri, perché quei sessantacinque gol in poco più di cento partite li ha segnati col Feyenoord, e non con il Real Madrid, con il fatto che è nel pieno della carriera, allora non ho idea di che cosa possa andare bene. Per ora, io mi limito a dire di aver visto un centravanti dotato di grandi potenzialità e con colpi importanti, generoso nel lavoro sporco a servizio dei compagni e bravo nell’aggredire la profondità. Ho visto qualcosa di incoraggiante per il presente e il futuro del Milan”
Capitolo Inter. La sconfitta con la Fiorentina ha impedito ai nerazzurri di agganciare il Napoli in vetta alla classifica. Poi, è arrivato il riscatto di San Siro, contro la formazione di Palladino. Lautaro, va detto, in questo 2025, sembra un giocatore ritrovato…
“Al Franchi, abbiamo visto la peggiore Inter della stagione. Forse, l’Inter peggiore della gestione Inzaghi, al di là della finale di Supercoppa Italiana contro il Milan. Solo che a Riyad è stato l’atteggiamento della squadra di Conceição, caotica nel gioco, esasperata dalla ricerca del gol da dimenticare la paura della sconfitta, imprevedibile nel ritrovare un senso di insieme attraverso le giocate dei singoli, a stravolgere il verdetto. Contro la Fiorentina, a Firenze, invece, è proprio mancato tutto: il gioco, le
idee, le convinzioni. I nerazzurri, in questo campionato, sembrano risentire particolarmente delle correnti alterne dei propri attori protagonisti. Alla partenza, erano Lautaro e una difesa che ha concesso qualche gol di troppo. Ora, è un po’ il centrocampo ad essere sottotono. Ho l’impressione, inoltre, che dopo la cavalcata travolgente della stagione scorsa il gruppo stia faticando a calarsi nei panni dell’inseguitrice. E in tal senso, ritrovare Lautaro, che ci ha messo sempre la faccia, nei momenti complessi individuali e della squadra, e che è un leader emotivamente coinvolto, nel profondo, può essere l’arma in più di Inzaghi per perpetrare fino all’ultimo respiro questa corsa al tricolore con il Napoli”
Nicolás Valentini è sbarcato nel calcio italiano con un discreto curriculum già all’attivo, ci sono delle aspettative su di lui, ma la Fiorentina per ora ha deciso di parcheggiarlo per sei mesi all’Hellas Verona. Mossa saggia?
“È una mossa che ha un senso logico, se teniamo in considerazione il corso degli eventi. Tanto per cominciare, Valentini ha bisogno di recuperare la migliore condizione fisica e un certo minutaggio, dopo una lunga parentesi di inattività. Di fatto, non gioca una partita dall’aprile dello scorso anno, quasi dieci mesi. Nel momento in cui ha deciso di non rinnovare con il Boca Juniors, è stato messo fuori rosa. In estate, poi, ha saltato le Olimpiadi con la Selección, perché l’AFA non consente più ai tecnici delle formazioni giovanili di convocare i giocatori ingarbugliati in dispute contrattuali con le rispettive squadre di club. Aggiungiamoci, inoltre, che alla Fiorentina sono cambiate numerose dinamiche in pochissimi mesi. In difesa, ad esempio, al di là dell’acquisto di Pongračić è arrivato l’exploit di Comuzzo, mentre Ranieri ha trovato soluzione di continuità nel rendimento, ereditando anche la fascia di capitano con l’addio di Biraghi. Palladino, in princìpio, voleva giocare a tre uomini dietro. Complice la partenza a rilento, ha optato per passare a una difesa a quattro. E la correzione ha prodotto risultati, guardando alla classifica. Dalla necessità di avere sei interpreti, chi di ruolo, chi più adattato, è passato alla necessità di averne quattro. Certo, ha salutato Martínez Quarta, ma a sostituirlo è arrivato Pablo Marí, che è stato un suo pretoriano al Monza e porta con sé una grande esperienza del campionato, è un acquisto coerente con gli obiettivi di consolidamento a breve termine della squadra. Valentini, dal proprio canto, può giovare di questo step intermedio per cominciare a ferrarsi nei meccanismi del calcio italiano”
Anche l’Udinese ha piazzato un colpo interessante, per rinforzare la difesa di Runjaić: dal Vélez, è arrivato in bianconero Valentín Gómez, un profilo per il quale hai speso in alcune occasioni parole di elogio. Come vedi il suo inserimento nella retroguardia friulana? “Tra i difensori di prospettiva del campionato argentino, Gómez era quello più pronto per provare a compiere il salto. Dopo di lui, inserisco in graduatoria Kevin Lomónaco dell’Independiente, un profilo che mi ricorda molto il primo Romero per l’esplosività atletica e l’intensità che porta in campo, è un ragazzo che ha grandi margini di crescita e che può ancora migliorare, lavorando su alcuni fondamentali del suo gioco. Runjaić ha sempre giocato con una difesa a quattro, ma da un paio di anni è diventato fautore del sistema a tre. Alla luce di questo, è un esercizio complesso immaginare Gómez, un mancino naturale, in una posizione diversa da quella del braccetto, sul centro sinistra. È un difensore che gioca tanto in avanscoperta, che punta molto sugli anticipi, solido negli uno contro uno, ma ancora da raffinare in certi processi decisionali. Alle volte, il suo stesso stile di gioco lo porta ad essere eccessivamente irruento. L’agonismo riesce a compensare, può compensare, ma finoa un certo punto. Un processo di maturazione concreto, tangibile, è il risultato, anche, o soprattutto, della capacità di comprensione e di adattamento a un contesto. Diciamo che in termini di caratteristiche Gómez può stare alla scuola di Lisandro Martínez, come Lomónaco può stare a quella di Romero (ride, ndr)”
Mateo Pellegrino e Christian Ordoñez sono i volti nuovi, in casa Parma. Il primo è già approdato in Serie A, mentre il secondo arriverà a giugno solo in caso di salvezza dei ducali. Ci parli delle loro caratteristiche?
“Sono quei profili che, in gergo, potremmo definire dei diamanti grezzi. Pellegrino è la classica prima punta, quantomeno in termini di struttura fisica, ma nel concreto è un attaccante che fa anche moltissimo lavoro sporco, spalle alla porta, spaziando su tutto il fronte d’attacco. Dubito, però, che possa avere un minutaggio consistente nel breve termine. Invece, Ordóñez è un centrocampista molto dotato nei fondamentali tecnici come il primo controllo e la conduzione verticale, ha palleggio e ritmo, ha una grande reattività nel flusso del gioco, in doppia fase, ma credo possa compiere anche ulteriori step di crescita in termini di autodisciplina, di gestione delle energie e nello sfruttare il mancino, dato che lo usa solo per salire sul bus (ride, ndr). Diamanti grezzi, appunto”
La Salernitana, nel tentativo di restituire nuova linfa alla propria difesa in una stagione complessa, ha puntato le sue fiches su Juan Cruz Guasone. A suo avviso, l’argentino riuscirà a imporsi in Serie B?
“Il ritorno di Breda in panchina, al di là di ogni discussione sulla proposta di gioco che sta mettendo in atto, sembra aver restituito un’aria di maggiore distensione mentale al gruppo rispetto alla gestione di Martusciello e alla breve parentesi di Colantuono, che comunque, a mio modesto parere, ha pagato dazio per responsabilità non totalmente sue, visto e considerato che in sei partite alle redini della squadra ha dovuto incrociare l’attuale capolista del campionato e tre squadre proiettate verso la bagarre dei play-off. Il cambio di modulo, col passaggio dalla difesa a quattro ad un sistema a tre, è arrivato proprio con Colantuono. E Breda, sotto questa luce, è stata un’opzione continuativa. In tal senso, Guasone rappresenta, ad solo un tempo, una scommessa e una soluzione per cercare di allungare la coperta a disposizione del tecnico. Si tratta di un centralone vecchio stampo, di quelli portati per il contrasto aereo e per fare a sportellate, facendo leva su una struttura fisica imponente. Quando avremo modo di vederlo all’opera, sul campo, potremo farci un’idea concreta dei suoi mezzi e del suo valore”
Uscendo dai confini del nostro calcio, il Manchester City di Guardiola si è assicurato il giovanissimo Vitor Reis, dal Palmeiras. Consideri legittime le grandi aspettative che si sono generate sul suo conto?
“Legittimo che ci sia dell’hype, quando si parla di cifre tanto consistenti in relazione ad un talento così giovane (è un classe 2006, ndr). Eppure, francamente, mi domando se ci sia davvero ancora qualcosa per cui stupirsi quando assistiamo a certeoperazioni. Si tratta di un film già visto e rivisto, a tal punto da poterlo considerare un cult. Vinícius e Rodrygo al Real Madrid, per 45 milioni a testa. Storie di sei o sette anni fa, ormai. Il ché, mi fa anche sentire piuttosto vecchio (ride, ndr). Più di ecente, abbiamo avuto il caso di Endrick e Estêvão, partiti per cifre ancora più alte rispetto ai loro predecessori. Nella parentesi intermedia ci sono stati Gabigol e Vitor Roque, per menzionarne altri due. Poi, che non siano riusciti a emergere, con Inter e Barcellona, è un altro discorso. Come cifre, però, siamo lì. Si parla sempre di assegni compresi tra trenta e i quaranta milioni. E ci può stare, per due ragioni portanti. Innanzitutto, la prima, è che si tratta di giocatori che al loro tempo, a dispetto della giovane età, stavano mostrando qualità e colpi importanti sul campo. E la seconda, molto più semplice, è che oramai è questo il trend imposto dal mercato di oggi. I club brasiliani, ma non solo quelli brasiliani, io parlerei più in generale di club sudamericani, hanno compreso che il desiderio dei top club europei di arrivare in anticipo su certe promesse del panorama continentale può concedergli un potere maggiore in fase di trattativa. Di conseguenza, cercano di tirare la corda del prezzo al massimo delle proprie possibilità, è parte del gioco. Il presidente del Palmeiras, Leila Pereira, non a caso, ha sempre dichiarato che avrebbe ceduto Reis solo di fronte a una somma che lo avrebbe reso il difensore più costoso della storia del Brasileirão. E così è stato, ha mantenuto la parola: aveva tra le mani un gioiellino, uno dei tre talenti più promettenti del campionato, e ha capitalizzato. Nessuno di noi ha il dono della chiaroveggenza per sapere come andrà, ma al netto di tutto, tra precedenti storici e sottotesti del calciomercato moderno, l’investimento del City ci può stare. Se ripagherà o meno, lo sapremo attraverso il corso degli eventi”