Italia-Spagna non è una sorpresa, ma solo conferma di vecchi problemi nascosti

Italia-Spagna è stata una partita giocata da una sola squadra, quella iberica, dominatrice del gioco e del campo dal fischio d’inizio a quello finale. I più critici giudicano gli undici iniziali scelti dal C.T. Spalletti, ma quella partita non ammette alibi: surclassati sotto ogni punto di vista. C’è Di Lorenzo inadeguato e in grado di farsi saltare da Nico Williams a proprio piacimento, Cristante con la testa altrove che rimedia un’ammonizione appena entrato in campo e il povero Calafiori che fa autorete. Finiscono tutti nel tritacarne e riemergeranno a qualificazione ottenuta, matematico. La verità sta altrove e la conoscono tutti.

Italia, non coltiviamo sogni ma talenti ignorati e progetti infranti

Non è vero che in Italia non nascono i Lamine Yamal, i Pedri e gli Alex Baena, in realtà ci divertiamo ad ignorarli. Siamo specializzati in sogni infranti e burocratizzazione. Uno dei ragazzi appena citati, nel nostro Paese, giocherebbe tranquillamente con una neopromossa in Serie B. Eppure ci sforziamo di promuovere le Under-23 e queste fruttano anche discreti risultati (come la Juventus ai play-off Serie C). A nessuno viene però il dubbio che questi progetti non sono sostenibili a lungo termine, oltre a rappresentare un’assurdità concettuale.

Portare gli stessi ragazzi in un proprio centro sportivo, farli allenare con la prima squadra e dare loro le stesse opportunità dei propri “campioni”. Quanto ci siamo divertiti con il Pescara zemaniano, quello che ha poi portato Marco Verratti a Parigi, Lorenzo Insigne a Napoli e Ciro Immobile a vestire le maglie di Genoa, Torino ecc…. Vantiamo settori giovanili fantastici, Atalanta e Inter davanti a tutte ma anche Milan e Roma. Lamentarsi poi delle convocazioni in nazionale è un qualcosa che lascia il tempo che trova, una crociata fine a sé stessa. L’Italia è un posto bellissimo dove regna l’incoerenza: dirigenti di primo livello portano nel nostro campionato talenti sconosciuti e siamo pronti a fargli fare il salto di qualità dopo una sola stagione, invece un 20enne di provincia resterà sempre colui che “deve farsi le ossa”.

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