L’orgoglio e la qualità guidano il Napoli nella vittoria di Monza

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La vittoria del Napoli a Monza è un successo fatto di qualità e identità. Quella di una squadra che si riscopre campione d’Italia in carica.

L’orgoglio e la qualità guidano il Napoli a Monza

A zig zag, come una zip. Il Napoli si muove con poca sinuosità tra la migliore versione di sé e la peggiore. Quest’ultima, ahinoi, ben più duratura. Un andirivieni di speranze e rassegnazione, su e giù tra vittoria e sconfitta. A Monza, il Napoli risale la china, ritrova orgoglio e qualità, lucida lo scudo dei campioni. La squadra di Calzona torna al successo dopo il drastico ridimensionamento di sabato scorso. Lo fa urlando forte la propria essenza, il proprio sfregio verso la mediocrità che l’ha ingabbiata. Un poker, reti straordinarie e morale. Eppure, il Napoli aveva cominciato col solito passo falso, che diviene passo spedito verso l’insuccesso.

L’orgoglio e la qualità guidano il Napoli nella vittoria di Monza

Al fischio d’inizio mancano gli ultras partenopei. I tifosi azzurri rispettano quanto annunciato, e operano un silenzio d’amore che si amplifica dell’assenza dagli spalti nei primi minuti. Gli stessi che servono al Monza per ricordare al Napoli perché fosse lì, a metà tra sconforto e repressione di sé. Il gol di Djuric è la solita doccia fredda che l’assuefazione rende tiepida e accettabile.

Nel settore ospiti si susseguono cori e proteste, con una intensità che, paradossalmente, sovrasta i canti di supporto dei tifosi di casa. Si va all’intervallo, a volte nemico, a volte alleato degli azzurri. Negli spogliatoi, però, il Napoli ritrova orgoglio. Un’occhiata fugace al tricolore, una rispolverata al talento. Quasi come una reazione al diniego dei propri tifosi, a braccia incrociate per ribadire la delusione troppo amara, il Napoli del secondo tempo di Monza è una squadra che riabbraccia la qualità.

Si, perché viene fuori tutta la qualità del Napoli. Quel potenziale consacrato lo scorso anno, inespresso e mortificato negli ultimi, sciagurati, mesi. La forza di ribaltare, la tecnica di farlo da campioni, fieramente e legittimati.

Il gol del pareggio è una sfida alle leggi della natura. Osimhen non potrebbe volare, ma non lo sa e vola lo stesso. Il nigeriano impera sulle spalle del marcatore, e impera come attaccante principe del campionato. In barba a chi vorrebbe preferirgli talvolta questo, talvolta quello. Osimhen ribadisce, se ce ne fosse ancora bisogno, di essere la reincarnazione di un nove ad arte stile primi 2000. Drogba ne è rimasto estasiato, lo siamo anche noi.

Politano disegna un arcobaleno, un segno di pace nel malessere generalizzato che coinvolge tutti, anche chi, forse, non lo meriterebbe. Matteo ribadisce la sua centralità, che sia dal primo minuto o a gara in corso. Meglio se in alternaza con chi, con la fascia, ha familiarità.

Altro giro, di lancette e di palla, e Zielinski si congeda con l’ultimo capolavoro. Sempre a metà tra l’osannazione e l’incompiutezza, le doti di un polacco adottato non sono mai state lontane dall’evidenza. Pur nella discontinuità, Piotr non ha mancato di deliziare, che fosse a settanta metri dalla porta in uno smarcamento, o al limite dell’area, violentando i legni.

C’è gioia anche per Raspadori, dopo un’altra prodezza, questa volta di Colpani. Al triplice fischio c’è gioia per tutti. Una felicità sporadica che è una pausa di cui avevamo bisogno. La vittoria di Monza riconsegna il Napoli alla sua dimensione, almeno per una settimana. Con gli azzurri, questa stagione, guai a fare previsioni. Guai anche a guardare il calendario delle avversarie. Il problema è sempre stata la continuità dei partenopei, più che il percorso delle avversarie. Tuttavia, la Roma schiacciasassi di De Rossi affronterà Udinese e Bologna, per poi terminare al Maradona. Se si deve azzannare qualcosa, lo si deve fare ora. Aggrapparsi all’ultimo treno, sperando porti a destinazione.

Gennaro Albolino

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