A Milano è Juan Jesus a salire in cattedra per il Napoli. Per la prestazione, per il gol ma, soprattutto, per quel profondo senso di spessore.
Napoli, a Milano l’uomo che ti aspetti: Juan Jesus più altri dieci
Il risultato e poco altro, come spesso accade quest’anno. Nonostante l’ottimismo generale, non è un Napoli che abbia lasciato il segno a San Siro. Certo, in una stagione di pochezza e rassegnazione, non poteva essere la sfida in casa della capolista quella in cui attendersi un Napoli arrembante. Tuttavia, il copione di Milano non si discosta molto dal trend degli ultimi sei mesi.
Gli azzurri fanno poco, non creano occasioni nitide. La sensazione è quella di aver raccolto il massimo con il minimo sforzo, anche se, in questo momento, anche quel che sembra essere il minimo richiederebbe un enorme sforzo.
Ai punti, un pareggio è anche il risultato più giusto. Lo è per quanto visto nei novanta minuti, anche se la classifica – in attesa del recupero tra Atalanta e Fiorentina, che potrebbe slittare di settimane, se non mesi – avrebbe richiesto altro. La Roma scappa via a più sei, mentre il Bologna, saldo al quarto posto, allunga a nove punti. Era una chimera prima, lo è ancora di più oggi. La Champions, facili ottimismi a parte, dovrà tornare ad albergare nelle ambizioni partenopee a partire dal prossimo agosto. A meno che non avvengano miracoli inattesi…
Quello servirebbe. Non solo per una distanza che, come già detto, si è fatta siderale. Servirebbe un miracolo soprattutto per l’incostanza cronica che il Napoli ha dimostrato sino ad oggi. Si può disquisire quanto si vuole, si può discutere sul vantaggio degli scontri diretti, del calendario delle avversarie e dei loro impegni. Il fatto è che Bologna, Roma e Atalanta potrebbero anche perdere punti, tantissimi, ma la vera incognita rimarrebbe la capacità del Napoli di approfittarne.
In questa stagione, i partenopei non hanno mai ottenuto tre vittorie consecutive, raramente due. È lo specchio di una squadra che non è mai squadra, di un Napoli dal bianco al nero. La piattezza tecnica – e tattica – che ha accompagnato il Napoli anche a Milano. Costruzione lenta e spesso caotica. Difficoltà ad arrivare in area e, conseguentemente, al tiro. Il Napoli di Milano è stato questo, e poco altro, almeno sino a quando Juan Jesus non ha deciso di fare lo scherzetto.
A dire il vero, la gara di Juan Jesus era già stata positiva negli ottanta minuti precedenti, riuscendo ad opporsi ottimamente (insieme a Rrahmani) ad una Thu-La non in forma smagliante. Con la coppia c’è stato Meret a completare la buona prestazione dei tre quinti di reparto. I titoli, però, sono tutti del brasiliano. Perché non è scontato essere protagonisti, a San Siro, a 32 anni. Non è scontato esserlo quando si arriva per essere la quarta scelta di difesa. Nemmeno segnare il gol del pareggio, quando tutto sembrava perso, può essere dato per scontato.
Napoli, a Milano l’uomo che ti aspetti: Juan Jesus più altri dieci
A fine gara ci va proprio lui ai microfoni, l’uomo partita che non ti aspetti, ma l’uomo che ti aspetti. Perché Juan Jesus mette dinanzi a tutto l’indole dell’uomo fatto, che non ha bisogno di polemica o strascichi. Anche quando ce ne sarebbe bisogno. Quel che aveva da dire lo ha detto nei novanta minuti, al direttore di gara – penoso nella gestione di una tematica dalla sensibilità cruciale – e al ‘rivale’.
Scusateci, ma stasera non ci sovvenivano epiteti gentili per il signor Acerbi, e così abbiamo optato per ‘rivale’. In fondo, è una parola dal significato profondo, in grado di indicare le parti opposte di una rivalità, di una contesa. La stessa che, a detta di Acerbi, avrebbe giustificato un’offesa che, però, sia mai definirla razzista. Un gioco di parole, un costrutto usuale, una cosa da campo. Alla fine, basta chiedere scusa e indicare Thuram, come a dire “ce ne sono altri come te, guarda lì!”
Poi, non si sa bene cosa sia accaduto. A prendere parola è l’agente del calciatore nerazzurro, che afferma l’assoluta innocenza del suo assistito. In serata, è lo stesso Acerbi a rilasciare la dichiarazione che… sì, questa volta ti aspetti, ma eviteremo di aggiungere ‘uomo’. Ne consegue che Juan Jesus si sarebbe inventato tutto di sana pianta, anche facendo leva sull’assenza di immagini in un calcio dove anche uno starnuto diviene oggetto d’analisi. Già, il calcio di oggi, dove bastano una targhetta ed una frase fatta (a volte, perché nemmeno è scontato che la si pronunci) dinanzi alle telecamere. Così il gioco è fatto, è tutto risolto. Poi, se succede che qualcuno ti dica negro, tu sta’ zitto, è roba da campo, roba da bar, roba da strada.
Il problema sarà risolto quando smetteremo con questa roba, che sia da campo, da bar o da strada. Senza proclami, senza targhette o toppe, ma educando i nostri figli ad essere uomini, quelli che ci aspettiamo.
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Gennaro Albolino