La vittoria del Napoli contro la Juve è un passo fondamentale per la rincorsa degli azzurri alla Champions. Una rincorsa tutt’altro che finita.
Napoli, con la Juve una vittoria che è carburante per la Champions
Vincenti, convincenti (quasi tutti) e fortunati. Il Napoli vince il big match con la Juventus e, cosa più importante e per niente scontata, la sua seconda gara di fila. Carburante istantaneo per chi, in questa stagione, non era mai riuscito a fare della continuità una virtù. Il successo era divenuto estemporaneo, continuamente alternato da delusioni che si facevano abitudini. Due vittorie consecutive sono la migliore cura per una squadra che aveva perso fiducia e morale tra i meandri del caos gestionale. Una base di partenza auspicabile per una rincorsa insperata, ma per cui la matematica non condanna ancora al pessimismo cieco.
Sei punti, dunque. Perché gli azzurri sono chiamati a fare il pieno di punti. Non conta come, non conta il modo, se si vuole dare un senso ad una stagione scellerata, si devono conquistare più punti possibili. Ne restano trentatré in undici gare, e la vittoria sulla Juventus era una tappa fondamentale in una rincorsa tutta in salita, ma tutt’altro che finita. Anche il quinto posto, infatti, potrebbe non essere inutile.
Napoli, con la Juve una vittoria che è carburante per la Champions
La spuntano nel finale gli uomini di Calzona, pochi minuti dopo il destro incrociato, letale, di Chiesa. Anche ieri, la squadra partenopea non aveva rinunciato ad un lieto ritorno all’intensità . Un atteggiamento propositivo sin dai primi minuti, che qualche problema aveva creato alla retroguardia bianconera. Un ritorno lieto, forse, non soltanto all’intensità, ma anche a quei principi di gioco che parrebbero banali, ma che dopo due cambi di guida tecnica si erano smarriti tra verticalizzazioni esasperate e catenacci improponibili.
Un Napoli che, anche contro la Juventus, si rilancia alla versione migliore di sé, a quella più familiare. Sovrapposizioni, possesso rapido e densità in area, erano mancate a noi, ma siamo convinti anche a qualche azzurro. Kvaratskhelia, infatti, pare aver beneficiato più di tutti dell’arrivo di Calzona. Definito un calciatore ritrovato, il georgiano ha riacquisito imprevedibilità (grazie alla maggiore spinta dei compagni, sull’out sinistro). Il settantasette ha seminato il panico, ma in un coinvolgimento funzionale con la squadra. Mai fine a sé stesso, mai inutile nella giocata, Kvara ha saputo essere la vera spina nel fianco degli avversari (due ammonizioni provocate nel primo tempo), nonché fautore di un gol da rapinatore d’area che volge i ricordi ad una volée di Gattusiana memoria. Con Kvaratskhelia anche Lobotka torna calciatore chiave. Lo slovacco si (ri)prende il centrocampo, tornando a destreggiarsi sinuosamente tra le maglie avversarie e a dettare gioco.
Certo, non tutti i problemi del Napoli possono dirsi risolti. Se qualche azzurro può essere stato rivitalizzato dalla ‘cura Calzona’, qualcun altro continua a fare i conti con la depressione – sportiva – di una stagione lontana dalle eccellenze. Inutile disquisire su Zielinski, entrato a fine gara e senza mostrare significativo coinvolgimento.
Chi non ha beghe contrattuali e distrazioni evidenti è Anguissa. Il camerunense continua ad essere un calciatore ben lontano da quello ammirato nell’ultimo biennio. Elemento quasi evanescente del centrocampo azzurro, anche contro la Juventus Anguissa salta all’occhio per la mole di errori, più che per l’apporto (inconsistente) alla squadra. La vittoria del Napoli contro la Juve è un mattoncino importante per poter ancora ambire alla Champions, e sarebbe meglio che Frank cominciasse ad adeguarsi a quella che potrebbe essere (finalmente) la svolta stagionale. Camminare non serve, oggi, soprattutto se non vi sono alternative in reparto. Poi, ci sono i centrali, purtroppo uno dei veri punti deboli di quest’anno.
Non una gara disastrosa quella di Juan Jesus e Rrahmani, lontani dal suicidio di Cagliari. Tuttavia, anche tenendo conto dell’importanza di un apporto di tutto il reparto, non si può ignorare la facilità con cui la Juventus è entrata in area di rigore. La squadra di Allegri pareggia soltanto al minuto 81. Quello di Chiesa, però, è un gol che gli ospiti avrebbero meritato di realizzare molto prima. Vlahovic si divora tre gol, in altrettante occasioni quanto mai lampanti. Cambiaso – prima di Chiesa – e Rugani fanno il resto. I bianconeri hanno spesso (troppo) bucato la difesa azzurra, sia da schierata che sorprendendola con campo alle spalle. Domenica la sorte ha giocato a favore dei partenopei, proponendo alla squadra di Calzona la versione della Juventus più lontana dalla sua recente tradizione di squadra cinica.
Tuttavia, non si può pensare che ogni imbucata verrà perdonata dagli attaccanti avversari. Errori e leggerezze, in marcatura e lettura, rischiano di essere pagati caro, e di costare punti fondamentali (Cagliari e Genoa docet). Ben vengano ritmi e intensità, ma la solidità è un requisito fondamentale per chi ambisce a scacciare i fantasmi.
Il day after, però, resta dolce. I tre punti contro la Juve, e gli inciampi di Fiorentina, Lazio e Atalanta, consentono al Napoli di non dover distogliere lo sguardo dall’àncora di salvezza di tutta una stagione, la Champions. Dipenderà soprattutto dalle avversarie. Dipenderà da Bologna e Roma. Ma la schiacciasassi del campionato è soltanto l’Inter e, quando anche felsinei e giallorossi perderanno qualche punto, non bisognerà commettere lo stesso. Perché quella di ieri non deve essere serata di magia, ma carburante per una corsa che durerà tre mesi.
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Gennaro Albolino