La sestina azzurra, rifilata al Sassuolo al Mapei Stadium, lascia ottimi auspici, ma non può certo indurre a credere sia già tutto risolto.
Sestina azzurra al Mapei: c’è ancora vita sul pianeta Napoli, forse
Il Napoli torna a vincere, e lo fa alla grande. Forse, anche troppo. Al Mapei la squadra di Calzona dilaga e i induce i tifosi azzurri ad un atteso abbandono alle ambizioni. La piazza aveva atteso tanto, oltre il concepibile. Da una squadra che aveva stracciato concorrenza e scetticismi, conquistando un tricolore tra i più meritati della storia recente, ci si sarebbe aspettato il mi imo sindacale di una dignitosa contesa nei primi posti. Sappiamo tutti quale invece sia stata la storia di questo campionato. Per questo, e per mille altri motivi, la goleada del Mapei è un urlo liberatorio, lo sfogo disatteso di una ritrovata competitività.
La sestina azzurra, però, non deve indurre a facili illusioni. L’attesa di un Napoli che si mostrasse nuovamente nelle sue consuete vesti è stata lunga. Pertanto, la reazione dell’ambiente alla vittoria di ieri era preventivabile nei suoi eccessi. Eccessi che, però, non possono non tenere conto dell’avversario. Soprattutto, devono tenere conto del momento. Il Sassuolo è terzultimo, a pari punti con il Cagliari (penultimo). Il momento dei neroverdi, tuttavia, è oltre il drammatico. Un cambio in panchina preannunciato – e, forse, tardato – con l’arrivo di un esordiente della massima serie. I limiti degli emiliani sono noti.
Come detto, è specialmente il Napoli, e i suoi ultimi mesi, a dover indurre alla cautela, più che al facile entusiasmo. Oltre tre mesi di crisi sono tanti. Gli azzurri vivono una crisi profonda, con una incapacità di eguagliare un barlume della migliore versione di sé che può dirsi perdurante. Lo testimoniano i risultati, le tensioni e i tre allenatori in una stagione. La gestione di uno smarrimento simile non può consumarsi in due settimane di lavoro, né tantomeno ridursi ad un successo (convincente).
Sestina azzurra al Mapei: c’è ancora vita sul pianeta Napoli, forse
I piedi per terra, ben saldi, devono essere una prerogativa che tuteli dapprima la propria sensibilità, e poi l’intelligenza. Tuttavia, l’ottimismo non può essere soffocato in ogni suo aspetto. Quello di Reggio Emilia, infatti, è stato un successo sotto ogni punto di vista. La squadra ha scacciato via i fantasmi che aleggiavano tra i pali della porta avversaria, con un bottino di sei reti (proprio in trasferta, in cui si era stabilito il peggior rendimento dei partenopei). A Cagliari, a trafiggere il Napoli era stato (anche) un eccesso di egoismo sotto porta che aveva finito per inchiodare gli azzurri all’unica realizzazione della partita. A Reggio Emilia, invece, si è rivista logica di squadra, supporto e gioco per il compagno. Le reti di Rrahmani e Osimhen ne sono una esemplificazione.
Proprio a Cagliari, inoltre, il Napoli pagava la disattenzione fatale, la mancanza di applicazione di cui il gol dei rossoblù costituisce fatale manifesto. Al Mapei l’attenzione è stata alta, l’applicazione costante. Ma non solo. Perché gli azzurri hanno saputo ritrovare quella verve, quell’istinto animale che lo scorso anno potè essere determinante. La propensione famelica di una squadra affamata di metri, di campo, che si ripropone in una intensità (finalmente) elevata.
A metà tra ottimismo e controllata razionalità, il day after del Mapei ha il sapore agrodolce di un lieto, ma temporaneo, ritorno alla propria identità. La delusione che lascia il passo al consueto. Almeno, per ora. Aspettando che gli azzurri, da questa sestina in poi, possano ritrovare sé stessi.
Perché c’è ancora vita sul pianeta Napoli, forse.
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Gennaro Albolino