Il Napoli è la brutta copia di sé, schiavo della mediocrità e di una confusione tattica evidente da parte di Mazzarri. Peggio di così…
La confusione di Mazzarri, la rassegnazione del Napoli e le pretese
Cosa c’è da dire? Sarebbe superfluo anche l’inquietante paragone – ai punti – con la scorsa stagione. A trasmettere sufficiente inquietudine basterebbe soltanto quel nono posto, a pari punti con il Torino. Il Napoli è ‘quasi’ decimo, dopo aver dominato un campionato ed averlo vinto con quasi venti punti di vantaggio sull’immediata inseguitrice. Dopo un calcio straordinario, che a tratti ha fatto impallidire anche qualche bookmaker europeo, il Napoli è esattamente a metà classifica, senza la speranza o l’ardore di potersi rialzare dal fango della rassegnata mediocrità.
Quella con il Genoa, difatti, non è una sentenza. Le sentenze, come vedremo, hanno origine lontane, appartengono a mesi caldi e liberi. Con il Genoa è la triste affermazione del non essere. Il non essere all’altezza, non essere sé stessi, non essere nulla, a metà tra ciò che si vorrebbe e ciò che non ci si auspicava. Una domenica tristemente simile alle altre, nei novanta minuti e nel risultato, negli eventi e nell’epilogo.
Perché contro la squadra di Gilardino il copione è quello che, ormai da mesi, assilla ogni tifoso azzurro. Un attentato al cuore per chi si proiettava alla competitività. La squadra di Mazzarri prova ad alzare il baricentro sin da subito, in una sfocata imitazione di dominio. Anche nel primo tempo, però, al netto delle occasioni, è evidente la scarsa propensione al dominio. Gli azzurri offrono con pericolosa frequenza il fianco al contropiede avversario. Due contro due mai sfruttati dagli ospiti che, potenzialmente, avrebbero potuto essere fatali.
La confusione di Mazzarri, la rassegnazione del Napoli e le pretese
Poi, il gol. Quella rete violata che diviene consuetudine grigia. Il Genoa segna, e non c’è alcuna sorpresa. L’illusione, anche quella, è fragile. Nessuno si scandalizza ed è anche concretizzazione dei tumori di qualcuno. Tuttavia, il problema non è (solo) l’aver preso gol. Il problema è che, dall’inizio sino al tiro di Frendrup, ed anche dopo, il Napoli non fa nulla.
Gli azzurri si ritrovano a rincorrere e ad aggrapparsi alla forza della disperazione a causa di quel che, anche questa settimana, è stato lo spettacolo del nulla. Nessuna idea, nessun gioco, nessuno spunto a cui aggrapparsi. Un’accozzaglia caotica ed affannata di ‘vorrei ma non posso’. Un disordine continuo e senza logica, a cui si aggiunge il pasticcio tattico. Una squadra imbrigliata anche dalle idee del tecnico. Perché Mazzarri le prova tutte, ma il fatto è che le prova tutte insieme. Si comincia col 4-3-3 (se l’avversario non è tra le squadre che ci anticipano in classifica), per poi variare tra 3-5-2 e 4-2-3-1. Il risultato è quel nulla, ed una squadra che non assimila niente se non la rassegnazione.
La sorpresa non è l’uno a uno con il Genoa, ma che questo rischi di essere oro. I campioni sprofondano dietro ogni presagio. La parte destra è solo ad un passo e l’obiettivo più concreto è riconquistare la dignità. Con quattordici giornate alla fine gli azzurri non hanno più traguardi a cui ambire. Dallo scudetto si è abdicato a settembre, alla Coppa Italia in una nefasta sera di inverno e la Champions può solo indurre a sperare nell’improbabile. Ieri, forse, si è detto addio anche al quarto posto. Da oggi non resta che augurarsi di assistere ad uno spettacolo decente, perché anche la decenza sarebbe un miglioramento.
Peggio di così, da campioni, era difficile fare. Una stagione nefasta, la cui sentenza appartiene al vigorismo dell’ego di chi, questa estate, ha scelto di fare e disfare da sé. La vera domanda è: voi, con l’arrivo di Garcia e Mazzarri, cosa pretendevate?
Leggi anche
Gennaro Albolino