Una cosa meravigliosa nel bene e nel male

Napoli Inter DAM

 Una cosa meravigliosa nel bene e nel male

Sono basita e tramortita, torno a casa dopo uno 0 a 3 che mi lascia l’amaro in bocca e la consapevolezza che il vento è cambiato… Quando ero ragazzina e il mio Napoli perdeva, mi limitavo a tornare a casa dallo stadio con la testa china e con il cuore infranto. Un paio d’ore e si pensava ad altro e restava solo un velo di malinconia. Oggi non è così! L’eco della sconfitta rimbomba assordante dalle tv alle piattaforme web ai social. Il malumore che un tempo ti lasciava dopo qualche ora, o nei casi peggiori, come il mio, il giorno dopo, ora si acutizza fino a rendere insopportabile tutta la settimana fino alla prossima partita.

Il male peggiore sono i social media, ne apri uno qualsiasi ed è un’ecatombe. Tutti si arrogano il diritto di giudicare e criticare cercando colpevoli a destra e a manca. Intendiamoci bene, la critica ci sta, finché è costruttiva e fatta con cognizione di causa, ma quella sterile e priva di contenuti non è tollerabile. Molti commenti sono pregiudizievoli ed hanno come unico scopo quello di criticare l’operato sempre e solo di un’unica persona: Aurelio De Laurentiis.

Ieri il Napoli ha giocato un buon primo tempo e fino al missile terra aria di Çalhanoğlu era in partita e forse meritava anche di essere in vantaggio. Nel secondo tempo i nostri ragazzi invece di mangiarsi il campo e provare a recuperare il risultato, hanno un po’ mollato e si sono disuniti. Ho visto una squadra stanca e con poche idee. Al netto degli errori arbitrali, il fallo su Lobotka è chiaro come il sole e il rigore non dato ad Osimhen grida vendetta. Il signor Massa da Imperia, da sospendere subito, ha condizionato non poco la gara soprattutto non estraendo cartellini sacrosanti e permettendo all’Inter di fare il proprio comodo.
Mentre il tempo scorreva inesorabile e quello 0 a 3 sul maxi schermo del DAM mi attanagliava la gola più del freddo di dicembre ho notato un’altra mancanza oltre a quelle di alcuni elementi della squadra: il tifo. Non me ne vogliate, ma sinceramente la squadra è stata lasciata sola in questo momento di buio e salvo qualche sporadico coro dai gruppi organizzati di curva A e B lo stadio era avvolto in un silenzio agghiacciante.
Comprendo che non sia facile accettare le sconfitte e vedere la squadra che sembra una lontanissima parente di quella dello scorso anno, condivido lo sconforto e la delusione ma per un momento, nonostante fossi in mezzo a cinquantamila persone, mi sono sentita sola. Non sono nessuno per insegnare a chi va allo stadio a tifare e alla fine i ragazzi sono stati applauditi dalle curve ma mi chiedo: non sarebbe stato meglio farlo durante i novanta minuti?
Forse abbiamo bisogno di tornare un po’ tutti quei ragazzini che andavano allo stadio a tifare per la maglia a prescindere da tutto. Forse, invece di ergerci ad allenatori, economisti e architetti dovremmo semplicemente tornare a tifare? A voi l’ardua sentenza! Io dal canto mio, ho nostalgia di quando i goal del Napoli li vedevo alla “domenica sportiva” o a “novantesimo minuto” del compianto Paolo Valenti.
Rimpiango quando si andava al bar per parlare di calcio con una birretta in mano. Non come adesso che lo si fa da dietro uno schermo, soli, in una cameretta dove tutto è concesso e spesso si perde di vista il significato della parola sport. Leggo commenti che esulano dal calcio troppo spesso; abbiamo un po’ tutti perso di vista la realtà dei fatti.  Sono rimasti in pochi quelli che analizzano la prestazione, ormai è un tiro al piccione tra chi deve “morire” e chi deve partire e io così non ci sto. Fatemelo dire senza che nessuno si offenda, pensiamo a fare i tifosi che è la cosa più bella del mondo. Torniamo ad emozionarci e a soffrire con la squadra a prescindere dal risultato. Lasciamoci alle spalle le esasperazioni e godiamoci quei novanta minuti non come scopo di vita ma per quello che sono: una cosa meravigliosa nel bene e nel male.

 

a cura di Virginia Trapani

 

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