Garcia-Dario Argento e Adl produttore, con l’Empoli l’ultimo horror

Garcia Empoli

Con l’Empoli si consuma l’ultimo atto di un horror durato mesi, con Garcia che veste i panni di Dario Argento e Adl quelli del… produttore.

Garcia-Dario Argento e Adl produttore, con l’Empoli l’ultimo horror

Da piccoli leggevamo Piccoli Brividi. Tenue tensione a metà strada tra la fantasia e l’intrattenimento. Fino ad oggi, da adulti (o giù di lì) abbiamo assistito ad un horror puro, plastico. Quello della squadra campione d’Italia che si sgretola sotto i colpi della mediocrità, senza che il futuro possa essere sentiero percorribile. Un limbo estenuante, che vede nel recente passato motivo di ulteriore aggravio. Dai cortei, i fumogeni azzurri e le bandiere sui balconi allo sconforto, schiavi delle proprie aspettative.

Eppure qualcuno aveva osato sussurrare, in estate, che qualcosa avrebbe potuto non funzionare. Ma si sa, il giudice finale è, e sempre sarà, il campo. Ed è proprio sul prato che quel terrore si concretizza nella materia a noi più vicina: la realtà. In questa realtà, nuova ma dall’acre sapore di passato, il Napoli concretizzava sul campo i presagi dei mesi più caldi. Sul campo l’onere della guida, e il fardello della responsabilità, è tutto – o quasi – di Garcia. Osservato speciale, il francese diviene infelice regista di un film già scritto. Gara dopo gara, delusione dopo delusione, gli eventi e l’incertezza cronica trasformano quel film in un horror materiale.

Rudi come Dario, dunque, e non solo per il terrore che l’obbligo di misurarsi (e ripensarsi) con il ridimensionamento provoca. Una qualità di gioco mai del tutto convincente, la singolarità delle dichiarazioni, la gestione degli uomini e quei cambi… eccentrici i veri ingredienti della paura di un tifoso.

Garcia-Dario Argento e Adl produttore, con l’Empoli l’ultimo horror

Se è vero che la breve esperienza di Garcia alle pendici del Vesuvio, e la sfida di ieri, siano state vicine all’horror, è altrettanto vero che questo possa dirsi un successo del genere già nel suo esordio. L’annuncio della formazione titolare è, in questo sinistro parallelismo, una sorta di trailer. Già nella sua promo, la sfida all’Empoli aveva fatto scorrere qualche brivido lungo la schiena. Kvaratskhelia e Zielinski (oltre Rui) in panca, e 4-2-3-1. Si è parlato tanto della reticenza del tecnico ad alternare i propri uomini. Proprio in virtù di ciò, si comprende ancor meno la scelta di domenica. In una partita decisiva (anche questa), l’allenatore sceglie di non affidarsi ai suoi uomini di maggiore qualità. Il futuro della panchina era legato ad un successo, ma Rudi sceglie la strada più tortuosa.

Nessuno sa cosa abbia indotto Garcia ad una scelta simile. Alcuni dicono ‘sia morto con le proprie idee’, ma queste non sono mai state le idee di Garcia. Elmas, sino a ieri, si era visto col contagocce. Altri scrivono di un affronto, ormai già consapevole del proprio destino. Probabilmente non lo sapremo mai. Quel che è certo è che l’ex Roma compie l’ennesimo – fatale – azzardo. Prova a correre ai ripari, intorno al 60′. Sconfessa sé stesso, ma anche il finale sembra essere già scritto.

In un film cruciale è il ruolo degli attori, vero motore della pellicola. Gli attori, questa volta, sono i calciatori. Gli azzurri l’altra faccia della medaglia, il senso (non) logico della trama. Ebbene, gli attori recitano un copione che, però, questa volta è pura improvvisazione. Garcia schiera i giocatori migliori quando ancora mancano trentacinque minuti, ma quel copione non conta più.

Sin dal primo minuto la squadra dà immediata sensazione di arrendevolezza. Ritmi bassi, zero incisività e scarsa convinzione. La squadra non c’è e non presenzia alla contesa. Mentre l’Empoli vince da squadra, il Napoli perde da squadra, nel senso che tutti insieme si stringono nella rinuncia. Rudi ci prova, ma l’improvvisazione detta un finale che, agli albori, pareva già scritto.

Lo svolgimento, la trama, è il solito. Tra la stravaganza delle scelte di inizio gara e la resa (in)condizionata dei calciatori c’è una parentesi di novanta minuti di tetraggine. Non ci sono sussulti, non ci sono emozioni. La sensazione è che non vi sia cura, né via d’uscita. La cupezza della partita ben si sposa con il genere, meno con quanto auspicato (e vissuto) mesi or sono.

Anche un horror va prodotto

Sul banco degli imputati, dopo l’Empoli, c’è Garcia. Non potrebbe essere altrimenti nel day after del (ennesimo) disastro. Non mancherà, tuttavia, un posticino anche per chi ha accompagnato il tecnico in questo viaggio. I film, anche quelli dell’orrore, vanno diretti ma anche prodotti. Serve chi li finanzi, chi scelga. A Napoli, problemi di scelte e produzione, non ce ne sono. I problemi, piuttosto, sorgono dopo. Quanto accaduto dall’estate sino ad oggi è una materializzazione dell’incubo. I proclami, i quaranta nomi e Garcia. Il quarto posto, DS accessori e Meluso. Rinnovi di qua e di là, tra scommesse azzardate e addii eccellenti. Un quadro di ritirata progressiva, non sia mai strategica. Il tutto col tricolore ben visibile sul petto.

L’onere dell’uomo solo al comando non lascia scampo. Se non vi è spazio per condividere il merito, non vi è possibilità di ripartire il demerito. Ad Aurelio questo horror è riuscito bene. Sicuramente una delle migliori produzioni degli ultimi tempi (perdonerete la diplomazia). Ci si augura, però, che non si passi al drammatico. I film dell’orrore mietono vittime, e il tecnico francese ne è spiacevole testimone. Solitamente, però, riservano l’atteso lieto fine. I drammi non fanno sconti, e non finiscono mai bene.

Gennaro Albolino

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