Nella vergogna del Bentegodi si esalta Kvara, ma il difficile viene ora

Vergogna Bentegodi Kvara

Kvara diviene incubo dei veronesi e delizia dei partenopei, assurgendo a fiamma più viva del Napoli, nonostante la vergogna del Bentegodi…

Nella vergogna del Bentegodi si esalta Kvara, ma il difficile viene ora

Intensità, ritmi alti e, soprattutto, cattiveria. Il Napoli sceso in campo a Verona è la miglior versione di sé stesso. Con buona pace delle accorte considerazioni sulla dimensione dell’avversario – che pure avrebbe da interrogarsi sulle proprie ambizioni – gli azzurri hanno mostrato ottime qualità sul piano del gioco e dell’atteggiamento. Senza sottostare alla veemenza degli avversari, che nei primi minuti pareva impattante, i partenopei hanno cominciato a macinare gioco sin da subito. Nei minuti gli uomini di Garcia hanno rosicchiato campo, costringendo gli scaligeri alle più consone strategie di difesa. Con il baricentro basso dei padroni di casa, e la densità nella zona centrale, il Napoli ha saputo adeguarsi, costruendo gran parte delle proprie occasioni sulle fasce.

Ha convinto la qualità, nel fraseggio e nella capacità dei singoli di inventare, ma anche la quantità. La condizione atletica non può più essere l’alibi di questa squadra. Tra aggressione, corsa e continuità di rendimento (nei novanta), la squadra non si accascia sulla precarietà aerobica. È la determinazione, quel dannato atteggiamento che ha costituito ostacolo altalenante. Oltre i demeriti di ognuno (indiscutibili), servirà la stessa cattiveria per potersi esprimere al di là di ogni incomprensione.

A proposito di cattiveria, a Verona è stato avvistato un ragazzo indemoniato. Posseduto dallo spirito dell’incubo più profondo, il ragazzo con la settantasette ha radicato inquietudini profonde in Faraoni e compagni. Un brivido percuoteva la schiena gelida dei marcatori ogni qualvolta l’ossesso georgiano prendeva a puntare qualsiasi cosa si muovesse. Quanti sugli spalti avevano l’ardire di sperare in positivo, stringendo forte i pungi in segno di preghiera, hanno potuto solo constatare.

Constatare che Kvaratskhelia, sì, è più che un talento. Kvara è tornato, ed è tornato per restare. Una partita suntuosa sotto ogni aspetto, dal sacrificio alla incisività. La tecnica sopraffina ricorda il genio calcistico di un football lontano, con la bellezza grezza d’altri trmpi. Lo strappo e la capacità di incidere è da ‘game changer,, tipica dei più grandi. Oltre i due gol la costante sensazione di poter creare. È proprio tornato, ed è una cattiva notizia per tutti.

Nella vergogna del Bentegodi si esalta Kvara, ma il difficile viene ora

Oltre l’entusiasmo, però, si impone la constatazione del trascorso. Il recente passato aveva indotto tutti a ben sperare. Udinese, Lecce e Real lasciavano supporre una crescita costante e, forse, definitiva. La débacle totale, di gioco, condotta e risultati, vista contro la Fiorentina è un monito troppo grande per poter essere ignorato. Quella di Verona resta la risposta più importante che il Napoli poteva fornire sul campo, unico giudice a cui si possa davvero dare conto.

Dopo una sosta nazionali che ha rasentato i contorni del paradossale, tra deligittimazioni, incontri sfuggenti nella Capitale e ritrovata fiducia (e De Laurentiis che si riscopre tecnico come chicca ideale ad aggiungersi al contesto tragicomico), gli azzurri avevano bisogno di una cosa sola. Due settimane che sono state più lunghe di un anno intero, con una pesantezza che avrebbero potuto sotterrare ogni motivazione. Ne hanno trovate due, perché oltre il successo vi è stata la prestazione.

Non può bastare, il difficile viene ora. Il vero obiettivo del Napoli, nel breve e nel lungo periodo, non può che essere la continuità. Agli uomini di Garcia, ed a Garcia stesso, servono conferme. Esse possono giungere soltanto nel tempo, e con i favori che esso può concedere. Union Berlino, Milan, Salernitana, Empoli ed Atalanta: questo dovrà essere l’orizzonte verso il quale volgere lo sguardo, senza fermarsi a guardare il presente. L’attuale è labile ed il Napoli non può permettersi incanti. Il passato indice scarsa fiducia e, considerando lo spessore delle sfide future, starà ai campioni dimostrare, ancora una volta, la propria dimensione.

Una postilla doverosa, lo consentirete, sullo stadio di Verona e sulla sua ‘gente‘. Nella settimana in cui si è ben compreso che ad uccidere realmente il calcio, più che la pirateria, rischia di essere il calcio stesso, Verona decide di balzare nuovamente agli onori della cronaca. Rivendicando il pieno diritto al primato della vergogna, la ‘gente‘ del Bentegodi mostra la voglia spasmodica di ricordare al Paese (ed a quanti avessero voglia di vedere) l’eccezionale fondo di un barile di disagio a cui non c’è mai fine.

Il buio più totale di ogni pretesa civiltà. Dall’alto della spocchia di chi crede di abitare la fine del mondo, qualcuno dica alla ‘gente‘ del Bentegodi che, proprio loro, stanno costruendo si un muro invalicabile con la realtà del mondo circostante. Divisi dall’esterno, chiusi nel becero di ataviche convinzioni ed accecati dall’odio. Allo sdegno non c’è fine ed il primato della vergogna, anche questa volta, è tutto loro.

Gennaro Albolino

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