Ancora azzurro! Spalletti dal Napoli alla Nazionale

Ancora azzurro (considerazioni – non troppo – personali su un allenatore nazionalp…artenopeo)

 

Sono romana d’adozione. Ventitré anni vissuti nella Capitale fanno di me una “mezza” trasteverina.
Da appassionata di calcio ho vissuto molto da vicino, pur tenendo fede alla mia passione partenopea, le vicende delle due squadre romane.
È così che funziona quando vivi molti anni in una città diversa dalla tua, ti adatti, ti integri nel tessuto sociale e poco alla volta diventi una di loro.

Come sapete, Roma ha due anime distinte, una giallorossa e l’altra biancoceleste, per attitudine e per il quartiere in cui ho scelto di vivere, San Giovanni, sono sempre stata circondata da romanisti più che da laziali che, per antonomasia, sono in grande maggioranza di fuori le mura o dei quartieri “alti”.

Ero a Roma quando la allenava, per il suo primo mandato, mister Luciano Spalletti, e seguivo le sue gesta con ammirazione. Ricordo come giocava bene la sua squadra e quello scudetto sfiorato per un pelo. Poi ci fu un suo secondo approdo alla squadra di Trigoria e lì la musica è cambiata.
Con un Totti a fine carriera, il mister di Certaldo fu “usato” dalla società come capro espiatorio per spingere l’ottavo re di Roma, Francesco Totti appunto, ad appendere le scarpette al chiodo.
La piazza era tutta con il capitano, (che è un’istituzione là) e Spalletti diventò il nemico da odiare, non solo a Roma. Addirittura è stata girata una serie tv Netflix nella quale Luciano, interpretato da un poco credibile Gian Marco Tognazzi, viene dipinto come un orco senza cuore. Ecco, erano queste più o meno le immagini che avevo nella mia mente quando dopo qualche anno, con un esonero dalla panchina dell’Inter come ultima voce sul curriculum, il presidente Aurelio De Laurentiis annunciò che il Napoli aveva ingaggiato per la stagione 2021/22 proprio lui.
Ero combattuta, una parte di me stimava l’allenatore, ma avevo remore sull’uomo. Temevo fosse uno che “rompe” lo spogliatoio e che fosse stato chiamato per epurare la squadra dai miei amati “senatori”.
In realtà, come fanno le persone intelligenti, perdonate la modestia, ho cambiato idea molto velocemente e mi sono affidata completamente a lui e alle sue idee di calcio. Mi piace lo Spalletti uomo, è un tipo pragmatico che va per la sua strada, un devoto al lavoro, uno stacanovista che ha dormito per due anni su un lettino che anche il mio cane avrebbe snobbato.

Ha dato tutto sé stesso alla causa azzurra, ha sacrificato ogni cosa per il Napoli e, dopo un terzo posto nel suo primo anno, nella scorsa stagione ha riportato, dopo 33 anni d’astinenza, lo scudetto alle pendici del Vesuvio.
L’ho conosciuto il mister, ho avuto l’onore di assistere a qualche sua conferenza e l’ho guardato spesso negli occhi; ho scorto un’anima fiera, malinconica e permalosa a tratti, un’anima mai doma che, nonostante un momentaneo appagamento dato dalla vittoria di un campionato dominato, era alla ricerca di nuovi stimoli.
Sì, nuove sfide, quelle che probabilmente ha pensato di non poter affrontare al Napoli, e allora via: un periodo di riposo.
Famiglia, stivali ai piedi e campagna in Toscana, anzi no… toscana, sì, ma un po’ più a nord, a circa 50 km dalla sua amata terra, un po’ più vicino ai campi da calcio, un po’ più dentro a ciò che gli riesce meglio. Proprio lì a Coverciano, ad allenare la Nazionale Italiana, a ritrovare alcuni dei suoi ragazzi.
A respirare nuovamente il profumo dell’erba e a rivedere una maglia correre in campo e soprattutto ad essere ancora azzurro, stavolta di quell’azzurro che piace a tutti e non conosce altri colori/rancori…
Buona fortuna, mister.

a cura di Virginia Trapani.

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