Nel ritiro di Castel di Sangro si assiste ad un nuovo monologo in cui ADL non perde occasione, anche quest’anno, per ricordare il passato…
Il ritiro e quell’immancabile ritorno (funzionale) di ADL al passato
Nella presentazione del francobollo celebrativo del terzo Scudetto della storia azzurra c’è stata l’occasione di assistere ad una conferenza unilaterale del presidente del club partenopeo. Affiancato dal sindaco di Castel di Sangro e dal presidente della regione Abbruzzo, nonché dirigenti di Poste Italiane, il patron si è lasciato andare a dichiarazioni più o meno usuali. Tra circostanza e teatro, non è mancato il solito ritorno al passato condito dall’immancabile graffio verbale.
Il ritiro e quell’immancabile ritorno (funzionale) di ADL al passato
Altra, ennesima, conferenza. Altro, ennesimo, show. Sedia centrale, occhiali da sole nella fresca serata abbruzzese. Postura comoda e sicura, padroneggiante nel controllo di quanto possa orbitare e svilupparsi attorno alla stella centrale del sistema. Uno one man show perdurante, e tornato in auge dopo il (profittevole) intermezzo della scorsa stagione. Le dichiarazioni si pronunciano con la solita verve, e quando si giunge al cenno sul passato casca l’asino… E pure un po’ di classe.
Si ritorna su quel Napoli-Milan. Sulle quattro sfide stagionali ai rossoneri si sceglie – con puntualità razionale – l’unica di minore pregio e fortuna. Si ritorna, dunque, su quel nefasto zero a quattro. Il presidente ‘confessa’ che quella sconfitta gli sia rimasta dove più ipotizzabile non si potrebbe. Un ritorno al passato con l’inevitabile dose di veleno. Perché di una stagione tanto memorabile, che senso aveva rimembrare uno di quei pochi, pochissimi momenti infelici (e indolori, peraltro)?
All’alba di una stagione nuova, con un tecnico nuovo e con interrogativi non certo di poco conto, il pensiero volge ancora alla stagione passata. Perché, spesso, con De Laurentiis tutto è funzionale, soprattutto il passato. Quel passato che vede la sua funzionalità proprio nell’esaltazione di un presente che, ad oggi, di esaltante vede poco. L’incapacità di accogliere ed approcciare al nuovo senza la necessità impellente del discredito del trascorso. Una necessità che, forse, deriva dalla pochezza di motivazioni su cui insistere per dipingere di ritrovato ottimismo il cambiamento. E se pure vi fosse positività nuova, e motivata, in fin dei conti ciò che è passato è passato. Rimodellarlo a piacimento può che aiutare ad indorare la pillola. Soprattutto, non vi può essere miglior modo di depennare agguati malinconici con una sottile operazione di distorsione della memoria.
Non è la prima volta che accade. Era successo già con Sarri, e sull’incapacità di concludere la rincorsa al successo. A detta di De Laurentiis, poi, Spalletti avrebbe dovuto assurgere al fatidico ruolo di “miglior tecnico mai avuto alla guida della squadra”. Ironia della sorte, non appena si menziona il ricordo di un passato tanto meritevole, e glorioso, non si ha facoltà di partorire pensiero ben più glorioso della debacle rossonera.
Il tempo passa, giungono successi, ma l’usuale si conferma tale. Le occasioni utili, dalle nostre parti, si sprecano, in tutti i sensi. La riconoscenza, e la giusta memoria, però, appartengono all’uomo più che al tifoso. Livore a libbre, ma anche meno.
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