Non c’è due senza tre per le italiane. Dopo Roma e Fiorentina, anche l’Inter si deve arrendere all’atto finale, prima del sollevamento della coppa. Tre squadre in finale di certo non era il preludio alla rinascita del calcio italiano, e non lo sarebbe stato nemmeno in caso di vittoria dell’Inter nella massima competizione europea.
“Non c’è due senza tre per le italiane”. Le parole di Guardiola fanno riflettere
Le parole, con grande umiltà, di Pep Guardiola fanno riflettere. Il tecnico dei Cityzens parla della Champions League comparandola al “lancio della moneta”. Competizioni che prevedono eliminazioni e gare secche, dove tanti fattori, episodi, momenti possono fare la differenza. In contrapposizione a quello che è il percorso in campionato, sul lungo, dove viene fuori la vera forza. Ad esempio il Napoli, pur essendo uscito ai quarti di finale, ha dato rispettivamente 18, 27 e 34 punti di differenza alle tre finaliste.
Quest’anno in soccorso è sicuramente arrivato un sorteggio benevolo, che presentava il 75% di possibilità di vedere un’italiana ad Istanbul. Se non si tratta di rinascita perché si è troppo lontani ancora per essere così ottimisti, c’è sempre un qualcosa di buono da preservare e da cui ripartire. Alla fine conta chi vince ma Roma, Fiorentina ed Inter meritavano più di quanto effettivamente raccolto. L’Inter ne esce comunque bene da Istanbul. Non ci sono stati ostacoli insormontabili durante la fase ad eliminazione diretta, ma il lavoro incredibile è stato fatto durante la fase a gironi, quando nessuno dava possibilità agli uomini di Inzaghi per il passaggio del turno. E invece sono riusciti ad eliminare un Barcellona, che comunque in Liga ha subito soltanto 20 gol. L’Inter, a prescindere dalle dodici e troppe sconfitte in campionato resta comunque squadra forte: sono quattro i trofei conquistati in due anni di Inzaghi. E lo h ha dimostrato anche in finale.
L’Inter esce comunque bene da Istanbul
L’epilogo della finale non è stato di quelli scontati, anzi i nerazzurri per larghi tratti hanno messo in difficoltà gli inglesi. Per gli uomini di Pep il giro palla non è apparso sempre fluido, quasi come se trasparisse anche un pizzico di timore. La testa può inevitabilmente giocare brutti scherzi, quando sei all’ultima curva prima del traguardo dopo aver perso una finale soltanto due anni fa. Però è importante non ridurlo soltanto a “non è stato il solito City”. Questo si è verificato anche per meriti dell’Inter, dove poi è mancato un pizzico di fortuna e la cura dei dettagli che fanno la differenza. Quando si superava la prima pressione con velocità e qualità, si sono sprecate tante possibili ripartenze. La produzione maggiore di gioco, però, è arrivata soltanto quando è arrivato il gol di Rodri, Mentre proprio il Manchester ha adottato, se proprio vogliamo dirla così, un atteggiamento più all’italiana nel finale. La chance per chiudere i giochi la spreca Foden, dopo aver fatto tutto bene nell’azione, mancando una sorta di “rigore in movimento”.
La doppia occasione, con protagonista in entrambi i casi Lukaku, ha del clamorosa. Prima Dimarco scheggia la traversa, poi sulla ribattuta è proprio il Big-Rom a togliere il pallone dalla rete come accade, sempre in Champions, con Alexis Sanchez. Nel finale la grande parata di Ederson sul belga, dove sarebbe bastato un minimo per cambiare le sorti della finale. A proposito del portiere brasiliano: decisivo nella ripresa, ma anche tante incertezze nel primo tempo ed una difensiva clamorosa nella ripresa. Sono mancati un po’ gli uomini chiave come lo stesso Lukaku, Calhanoglu o Lautaro Martinez che invece di servire il pallone in area di rigore, spara la conclusione addosso ad Ederson. Per come si era messa l’Inter esce da Istanbul, con qualche rammarico in più di quanto si poteva prospettare alla vigilia, ma una serata comunque da cui ripartire dopo un’annata all’insegna delle montagne russe.
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Davide D'Alessio