L’analisi sull’operato di Spalletti sulla panchina del Napoli: un biennio per costruire un successo enorme

Le contestazioni di fine anno, i tanti posti vuoti allo stadio Maradona negli ultimi appuntamenti del campionato sono soltanto un lontano ricordo. Eppure non è passato tantissimo da quei momenti concitati, passando dalla rivoluzione estiva; momenti e sensazioni spazzati via da un annata sensazionale e giornate di festa iniziate da svariati mesi a questa parte. Bisognerebbe prendere in considerazione la stagione appena conclusa, ma è giusto riavvolgere il nastro partendo dall’inizio.

Un po’ perché il lavoro di mister Spalletti a Napoli si è ufficialmente chiuso, ma anche per dare il giusto merito al lavoro svolto dal mister di Certaldo. Perché proprio nel primo anno, quello iniziato bene e concluso magari non come si desiderava, con diversi passi falsi anche durante il campionato, è stato quello dove si sono gettate le basi per costruire il successo. Senza dimenticare che il tecnico ha ereditato una squadra reduce da una Champions sfumata all’ultimo assalto e comunque migliorato il rendimento con un terzo posto e ricostruito i pezzi dopo una rottura. Quest’ultima all’apparenza difficile da sanare in breve tempo o comunque lontano dal pensare di poter puntare così in alto sin da subito.

L’analisi sull’operato di Spalletti sulla panchina del Napoli: la rivoluzione

Qui entra anche la figura della società, con il presidente De Laurentiis – con qualche rischio di cadere magari in un eccesso di ottimismo – nel promettere di riportare lo Scudetto in città mentre iniziava a prendere forma la rivoluzione. Il risultato è sotto gli occhi di tutti. È riuscito con il lavoro di ogni componente interna alla SSC Napoli, nel puntare al massimo gradino del podio riducendo addirittura il monte ingaggi.

Un cambio ciclo che forse si sarebbe dovuto anticipare al post Sarri quando ormai quel gruppo aveva dato tutto, vedendosi sfumare il titolo a pochi passi dopo la vittoria di Torino. Col senno di poi naturalmente qualsiasi tifoso del Napoli (a conti fatti), non cambierebbe l’annata dell’ammutinamento con Ancelotti, la Champions di Gattuso. Una sorta di “prezzo da pagare” per raggiungere la via della felicità. Lo spogliatoio respira aria nuova e più leggera, l’immagine che si riflette da fuori e quella di un gruppo umile e disposto al sacrificio.

Questo lo si è riusciti ad apprezzare durante l’anno, quando anche chi ha giocato meno, per diversi motivi o titolari davanti insostituibili, non ha mai voltato la faccia al mister o agli stessi compagni. Anzi ha incarnato alla perfezione il messaggio lanciato dall’allenatore, la qualità piuttosto che la quantità. Avere un gruppo di questo spessore umano e di forza mentale facilita il lavoro. Non bisogna, però, fare l’errore di limitare i meriti soltanto ai calciatori spessi.

Dopo aver elogiato tutti, come giusto che sia, rientra preponderante la figura del tecnico capace di tracciare le linee giuste con i nuovi arrivati e non solo. Tra i protagonisti di questa squadra sono presenti anche calciatori che, anni indietro, sembravano essere fuori dal progetto Napoli ed invece sono stati messi in condizione di mettersi in luce.

L’analisi sull’operato di Spalletti sulla panchina del Napoli: un biennio per costruire un successo enorme

Un campionato pressoché perfetto, non raggiunge i limiti della perfezione per il discorso delle coppe. Non tanto per la Champions League, anzi, nella coppa dalle “grandi orecchie” è stato raggiunto un traguardo mai visto fino ad oggi: la qualificazione ai quarti di finale. Resta sicuramente un po’ di rimpianto, visto l’enorme divario con e avversarie in campionato, e la conseguente possibilità di un’italiana nel raggiungere la finale di Istanbul in seguito ad un sorteggio che difficilmente potrà capitare a stretto giro. Gli azzurri sono arrivati al doppio confronto col Milan nel periodo dove, dopo la sosta di aprile, hanno dovuto fronteggiare il primo vero e proprio calo.

Per di più si aggiunge l’assenza di Osimhen in quel di mano ed una serie di episodi arbitrali e non che hanno chiuso il quadro. In fondo si sa, questo tipo sfide prevedono l’intrecciarsi di diversi fattori e le sensazioni che poteva dare il sorteggio, un mese  dopo possono essere completamente ribaltate. Insufficiente il cammino in Coppa Italia: un solo turno disputato e l’eliminazione contro la Cremonese ai rigori, con un Napoli ricco di turnover come poche volte lo si è visto in stagione.

Una nuova sfida per De Laurentiis

Questo non intacca minimamente l’egregio lavoro svolto da mister Spalletti. Dopo due anni è già tempo di dirsi addio, una scelta di massimo rispetto da parte del tecnico di Certaldo. Lasciarsi da vincenti e dedicarsi ad una cosa che viene prima di tutto, ovvero prendersi cura della famiglia dopo un biennio di lavoro intenso. Luciano Spalletti si è dedicato anima e corpo alla sua creatura, dando tutto se stesso senza risparmiarsi. Ed è condivisibile, per quanto possa esserci la percezione di poter raccogliere ancora qualche trofeo, fare un passo indietro quando si arriva alla consapevolezza di aver dato tutto ed avere la sensazione di non poter andare oltre.

La festa Scudetto ha generato un mix di emozioni contrastanti: la felicità di un trionfo atteso da anni e quel velo di malinconia nel doversi lasciare in un momento così bello. Per ADL è il momento di una nuova sfida, in attesa anche di capire come si concluderanno le vicende con Giuntoli. Il direttore sportivo ha espressamente salutato il presidente con parole di addio: “grazie di tutto”, anche se il patron azzurro continuo a ribadire il contratto in essere del ds.

Una nuova sfida per De Laurentiis per continuare un ciclo appena aperto

Nella peggiore delle ipotesi bisognerà sostituire due degli artefici, dalla ricostruzione al trionfo. Sono stati pochi i colpi sbagliati  e questa sarà una delle scelte più difficili. Provare a dare continuità ad una squadra che in campionato ha fatto en plein battendo tutte le 19 avversarie. Ripetersi è sempre difficile, inutile dirlo specie a Napoli. Il casting degli allenatori e aperto e nella giornata di oggi, nella conferenza di presentazione del ritiro a Palazzo Petrucci, il numero uno azzurro ha fissato il target entro il 27 giugno. La volontà è quella di proseguire con il 4-3-3 che ha dominato l’Italia e fatto parlare anche tutta l’Europa.

Circa una ventina di giorni per scoprire quale sarà l’allenatore che dovrà raccogliere la grande eredità lasciata da Spalletti ed un gruppo forte. Quest’ultimo bisognerà toccarlo il meno possibile ed aggiungere ulteriore qualità estendendo il discorso anche oltre. Non solo per provare a ripetersi in Italia ma per puntare a trarre il meglio da tutte le competizioni, anche la Coppa Italia e la Supercoppa Italiana.

Davide D’Alessio

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