Roma, il fallimento di un bienno targato José Mourinho e Friedkin

Mourinho, a Roma un fallimento biennale?

Dopo la sconfitta di Budapest il giudizio sulla stagione della Roma è d’obbligo, con il prospetto del fallimento di José Mourinho e società.

Roma, il fallimento di un bienno targato José Mourinho e Friedkin

La sconfitta di Budapest decreta il fallimento della gestione Mourinho a Roma?
La sconfitta di Budapest decreta il fallimento della gestione Mourinho a Roma?

Non si può essere contenti della sconfitta della Roma. Al di là di ogni fede calcistica, o antipatia verso chi possa rappresentarla. Un trofeo europeo – di un certo spessore – manca da troppo al calcio italiano. L’ultima competizione, escludendo proprio il successo giallorosso nell’esordio della Conference, risale al 2010 a tinte nerazzurre. L’ultima Europa League, all’epoca ancora Coppa UEFA, risale al Parma dei fenomeni di Alberto Malesani. Era il 1999, fate un po’ voi. È un colpo duro alle speranze – ed ambizioni – di un ritrovato ottimismo. È un insuccesso, tuttavia, intriso di altro. Di considerazioni che, a questo punto, non possono essere ignorate.

Roma, il fallimento di un bienno targato José Mourinho e Friedkin

Friedkin, tanti soldi poche idee
Friedkin, tanti soldi poche idee

Tra rifinanziamento del bond, finanziamento dei soci e versamenti all’ex presidente Pallotta, i Friedkin hanno speso, per la gestione e l’acquisto del club, oltre 817 milioni. Con i dovuti ritorni, certo. Più consono alle nostre analisi il dettaglio sul mercato. Nel primo anno, dopo aver prelevato il club ad agosto, l’unico acquisto di rilievo è quello di Smalling. Veretout e Mancini giungevano a Trigoria già a luglio. Le casse risentivano già delle miopie di Pallotta, ed il rosso – nel bilancio traferimenti – era di 23 milioni, a fronte di un esborso di 72 milioni.

L’anno successivo, con un ammontare di cessioni pari a soli 17 milioni, la Roma investe ben 127,65 milioni. L’ultimo mercato ha visto una obbligata tendenza al positivo, con 67 milioni di utili e 9 in uscita. Nelle ultime due stagioni, dunque, la società ha speso più di 135 milioni, con 84 milioni in entrata. Il resto lo fanno gli ingaggi onerosi, compresi i sette milioni (netti) percepiti dal tecnico di Setúbal.

Non ci siamo fatti prendere dall’esasperazione dell’aritmetica finanza. Non vogliamo nemmeno tediare a suon di milioni. È la rappresentazione più emblematica di una progettualità che difficilmente coincide con la prospettiva. Un tentativo mal riuscito di mecenatismo. Soprattutto un ‘instant team’ in salsa quarto posto. Beh, cosa c’è di strano, si dirà. Di strano, ed allarmante, sono i risultati della squadra. Non c’è stata alcuna traccia di un trionfo che potesse giustificare, e soddisfare, un esborso simile. I Friedkin prelevarono la Roma proprio per le necessità finanziarie del connazionale Pallotta, oltre che per i malumori legati al sistema calcio italiano. Le prospettive, in tal senso, non possono certo dirsi ottimistiche. Il rischio di correre ai ripari dietro l’angolo.

Non sarebbe forse meglio, a questo punto, ambire ad uno sviluppo sostenibile, tentando di conciliare risultati e costi? Milan e Napoli ne hanno costituito esempio felice.

Se, poi, il tecnico non perde occasione per denunciare una rosa non all’altezza della competitività che il doppio impegno esige, allora sorge conseguenziale l’interrogativo sulla bontà degli investimenti (cospicui) fatti.

Il poco Special One

Mourinho, a Roma un fallimento biennale?
Mourinho, a Roma un fallimento biennale?

Sette milioni a stagione pongono Mourinho al secondo posto della classifica dei tecnici più pagati in A. Sarebbe lecito attendersi molto dalla panchina, e dal campo. Ieri, invece, si è consumata la più compiuta delle tragedie (sportive) capitoline. Si dirà che si può godere del merito di essere arrivati in finale. Facile, l’errore è dover legare l’esito di tutta una stagione al risultato di una singola partita. Perché, anche questa stagione, Mou non è riuscito a condurre i suoi in Champions, pur potendo giovare del balbuziente percorso delle rivali.

In due anni: esclusioni premature dalla Coppa nazionale, piazzamenti ampiamente distanti dalla top 4, e la consolazione di un titolo europeo che vedeva la Roma ampiamente favorita. Perché al netto del titolo, quand’anche continentale, va analizzato un percorso che, tanto in Conference quanto in Europa League, non ha mai visto i capitolini svantaggiati. Vincere non è mai un obbligo, ma il progresso lo è.

Per questo sorprende – in negativo – che in due anni la Roma non abbia fatto alcun tipo di progresso, né nel gioco, né atletico. In due anni nemmeno l’ombra di un miglioramento tecnico, tanto meno della valorizzazione concreta di qualche giocatore. Poche idee e tanta, troppa tattica. Il calcio è sport che evolve intensamente, ed in fretta. Si era già capito a Manchester che Mou, ormai, non avesse più molto da dire a questo mondo (calcistico). È l’incapacità atavica ed insistita di adeguarsi ai processi evolutivi di questo sport.

Non si pensi all’età, ed alla storia. Lo Special One ha ben quatto anni in meno di Spalletti. Luciano, dall’alto dei suoi 64 anni, ha saputo aggiornarsi, evolversi e migliorarsi. Il tricolore è la logica conseguenza di chi fa del tempo una risorsa.

A proposito di risorse, siamo sicuri che in questi due anni Mourinho lo sia stato?

Gennaro Albolino

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