Gli azzurri si accingono a riconquistare lo Scudetto dopo trentatrè anni di retrocessioni ed insuccessi, è, dunque, un Napoli underdog?
Scudetto, sarebbe giusto considerare questo Napoli un underdog?
Questione di ore. Anzi, minuti. A novanta ‘Ave Maria’ dall’appuntamento con la storia. Se tutto andasse come deve, il Napoli potrebbe riportare le lancette indietro di trentatrè anni. Laurearsi Campione dopo oltre tre decenni, e tornare a guardare tutto il Paese dall’alto in basso. La toppa del trionfo e dell’orgoglio che tornerebbe a coprire i cuori dei calciatori azzurri. Il coronamento di un sogno, e di un percorso lungo ormai anni. Dopo fallimenti, retrocessioni, delusioni amare e notti insonni, il Napoli torna, finalmente, Campione.
Un lunghissimo sospiro d’attesa pronto ad esplodere di passione questa domenica. La terza domenica di storia a tinte azzurre. Muri granitici di convinzioni e consuetudini che si sgretolano. Tradizioni decennali ed abitudini che contrastano la lucidità di pensiero. Il Napoli travolge tutto e tutti, riportando il tricolore proprio lì dove non ti aspetti. Contro le previsioni, contro l’usuale e contro lo strapotere (economico e non). È, per quanto detto, considerabile la rivincita dell’underground?
Quella del Napoli è una vittoria che denota una felice dissonanza con le previsioni della vigilia. Tra griglie (e grigliate) d’agosto e funesti presagi, nessuno avrebbe potuto pronosticare una simile classifica soltanto ad aprile. Uno Scudetto che si prefigura colmo di sorpresa.
Gli azzurri spezzano una catena che pareva infrangibile, e che teneva legate le sorti della fama alla triade arcinota. I campionati erano una questione (quasi) solo riservata ai giganti di Milan, Inter e Juventus. Un monopolio del trionfo nella monotonia del primato. Il Napoli, per questo, l’ha fatta davvero grossa. Un tricolore che potrebbe provocare uno shock culturale e sportivo. Una rivoluzione del calcio, e del pensiero – ci si augura. Il Napoli che coltiva gioco e valori, e che accompagna il primato con i valori più sani di questo sport. L’eterno secondo che sovrasta e domina chi la parola ‘primo’ aveva imparato presto ad impugnarla a mo’ di ghettizzazione.
Il trionfo di una città che è emblema del Sud, incarnazione di ogni virtù e penuria meridionale. Dinnanzi a tutti, a discapito della quiete di chi vorrebbe che il tricolore albergasse soltanto al di là di una linea tutta immaginaria. Non solo. Questo Scudetto è anche altro.
Un successo che rompe un’inerzia. Come detto, la Serie A sembrava essere affare riservato a lombardi e piemontesi. La storia lo conferma.
È dalla stagione 2000-2001 che una squadra del centro-sud non vince il campionato, ovvero la Roma. L’ultima squadra del sud a vincere il titolo è stata proprio il Napoli nel ’90. Negli ultimi cinquant’anni il Napoli è anche l’unica squadra del Sud ad aver conquistato il tricolore. Bisogna tornare alla stagione 1969-1970 per menzionare il successo del Cagliari di Riva. Inoltre, dal ’70 ad oggi soltanto in nove occasioni lo Scudetto è stato vinto da una squadra che non sia Juve, Inter o Milan. Un affare a tre, insomma. Tanti i motivi, percorribili e non. Sviluppo industriale, soprattutto finanziario. Un peso politico che si potrebbe definire non indifferente. Oggi, però, è un’altra storia.
Oggi è la dissociazione dal vincolo dei bilanci, e dalla tradizione che alcuni club vantano con il campionato. È la misura dell’impresa. La rottura di un’usualità, che assurge ad usurpazione di lesa maestà.
Epicità che si nutre del Purgatorio dell’ultimo trentennio azzurro. Un limbo di depressione ed inquietudini, con sporadiche gioie fulminee. La retrocessione del ’98, quel funesto 2002 di B, sino al fallimento del 2004. I secondi posti, le qualificazioni mancate ed i rigori alle stelle all’ultima giornata. Trionfi sfumati all’ultimo, per immaturità o inefficacia politica. È la cornice, unta di sfregi e rammarico, di questa vittoria.
Scudetto, sarebbe giusto considerare questo Napoli un underdog?
Definire il Napoli ‘underdog’, tuttavia, non sarebbe del tutto corretto. La squadra partenopea non è il Leicester, e non è una certamente l’eccezione del campionato. Lo è, semmai, del sistema, ed è differente…
Negli ultimi quindici anni, infatti, il Napoli è arrivato nella top 4 in ben nove occasioni. Quattro i secondi posti. Tredici le qualificazioni a competizioni europee. Soltanto una volta la squadra azzurra si è piazzata nella parte destra della classifica, nella sfortunata stagione 2008-2009 con la poco entusiasmante guida di Roberto Donadoni.
Il Napoli, inoltre, benché abbia militato, negli anni bui del calcio partenopeo, in Serie C, non è una squadra tipicamente albergatrice della serie cadetta. Il fallimento e le tormentate stagioni a cavallo del nuovo millennio sono l’infelice parentesi di un turbinio caotico di gestioni ‘poco accorte’. Anche prima dell’arrivo di un fenomeno irraggiungibile, il Napoli aveva potuto cantare secondi e terzi posti nella massima serie. Dal ’73 al ’75, infatti, gli azzurri hanno lottato attivamente per il tricolore.
Sintomo di una squadra che non è mai stata ‘piccola, ma che oggi diviene anch’essa un gigante. Ai suoi piedi una città intera, che adesso può liberare un urlo strozzato in gola per troppo tempo, ed esibire un orgoglio mai rinnegato.
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Gennaro Albolino