Nagelsmann esonerato, quando calcio e tempo sono ossimoro

Nagelsmann esonerato

Julian Nagelsmann è stato esonerato dalla guida tecnica del Bayern Monaco. È l’ennesimo addio eccellente, e dimostrazione di un nuovo tempo.

Nagelsmann esonerato, quando calcio e tempo sono ossimoro

Di ieri l’ufficialità dell’esonero di Julian Nagelsmann da allenatore del Bayern Monaco. Al suo posto l’ex Chelsea Tuchel. Erano ormai giorni che si parlava di un addio imminente, ed i dubbi sono stati sciolti soltanto nelle ultime ore. “Di dieci partite ne abbiamo vinte soltanto cinque, pareggiate 3 e perse 2. Non è questa la nostra aspirazione”; fonte del triste presagio, dunque, un ruolino di marcia ritenuto dissimile dalle aspirazioni del club. Il tecnico paga una seconda parte di stagione sotto le aspettative, lasciando i bavaresi ai quarti di Champions e e secondi in classifica, ad una lunghezza dal Borussia capolista.

Il tecnico paga un avvio di stagione (nel post Mondiale) non propriamente eccellente. Troppi i pareggi della squadra bavarese, sino all’ultima sanguinosa sconfitta contro il Bayer Leverkusen. Il Bayern, però, non è certo la prima (ed unica) squadra che risente della lunga sosta nazionale. Inoltre, il bottino del München sino a novembre era pienamente integrabile in quelle che sono le dominanti prerogative del club tedesco. Si fatica, dunque, a comprendere i motivi di un addio che, chiaramente, sorprende per precocità. Un esonero, in un top club come il Monaco, a ridosso della decisiva sfida contro il City, pare davvero incomprensibile.

Tra l’altro, Nagelsmann aveva anche offerto segnali di ripresa importanti. Dopo la fioca sfilza di pareggi, febbraio e marzo avevano riservato alla squadra ben otto successi su dieci. Mica male, forse. Il punto, però, è un altro.

Nagelsmann esonerato, quando calcio e tempo sono ossimoro

Julian Nagelsmann rientra nell’esclusiva cerchia di allenatori mai stati calciatori. Un gruppo d’élite tra colori i quali, a torto o ragione, vengono considerati astri nascenti della panchina. L’ormai ex Bayern, difatti, conquista la ribalta nazionale a soli 28 anni, alla guida dell’Hoffenheim. Sulla panchina dell’Hoffe il tecnico riesce a raggiungere una salvezza insperata in una seconda parte di stagione entusiasmante. Ciononostante, le sorprese saranno da attendersi nelle due stagioni successive. Contro ogni logico pronostico, l’allenatore guida l’Hoffenheim al quarto posto in classifica, e dunque ai preliminari di Champions League. Addirittura, nella stagione seguente, la squadra riesce a piazzarsi al terzo posto ed a qualificarsi con immediatezza alla fase a gironi.

Si guadagna, così, l’opportunità di allenare un club dalle ambizioni – e potenzialità – discretamente maggiori. Al Lipsia Nagelsmann conduce i tori rossi al terzo e secondo posto in classifica. Una sorta di scudetto, considerando il campionato a parte che i bavaresi disputano. In Champions, oltretutto, riesce nell’impresa di portare il Lipsia tra le prime quattro squadre d’Europa, dovendosi arrendere soltanto in semifinale alla corazzata parigina.

È chiaro, pertanto, che non ci si ritrovi a discutere propriamente di uno sprovveduto. La continuità, e lo spessore, dei risultati raggiunti da Julian escludono ogni possibile disquisizione sulla fortuità che il calcio possa aver concesso. L’allenatore ha sempre dotato le sue squadre di un gioco, oltre che evidentemente efficace, soprattutto piacevole ed incline all’eterogeneità di soluzioni.

Come detto, il caso in esame impone di sottolineare quanto fossero precoci i successi del tecnico, e anzitutto quanto egli sia giovane. Il calcio è sport severo, raramente giusto, e soprattutto crudele. Non ci sono, dunque, vittorie che possano negare una necessità fondamentale, specialmente per chi in panchina non può vantare esperienza decennale. È il tempo la linfa vitale di ogni risultato, e l’appagamento che la sete di aspettative richiede. Non si può sfuggire dalle esigenze del tempo, non si possono bruciare tappe. Anche Nagelsmann, dall’alto delle promesse di un talento assoluto, non poteva certo astenersi dalle succitate necessità.

La domanda, però, è se i dirigenti del Bayern lo sapessero. È questo il punto focale. Il calcio è divenuto una rincorsa forsennata al risultato, ed alla sua tempestività. Non conosce deroghe, né naturali fallimenti. Sono i ritmi di un calcio sempre più a portata d’impresa che non intende concedere la fisiologica attesa. Non c’è più tempo, né per perdere, né per vincere. Lo sport più seguito al mondo non consente nessun margine di indugio, né tantomeno d’errore. È così che anche il fußball divora i suoi astri.

Una storia che, dunque, non può più definirsi italiana. Anche nella rincorsa frenetica al risultato, ed ai numeri, possiamo considerarci pionieri. Gli altri paesi, tuttavia, ben si disimpegnano nell’imitazione. Il Bayern, con i suoi modelli e la sua programmazione, non è da meno. Anche se, in questa storia, andrebbero menzionate tutte le peculiarità di un ambiente che, come il passato insegna, si dimostra poco incline a coloro i quali possano ritenersi inadeguati, fuori luogo. Bocciature a naso, inimicizie fatali che stroncano sul nascere eventuali ‘intrusi’. Un clan, a tratti, sicuramente una cinica élite, con cui anche illustri italiani hanno imparato a fare i conti.

Gennaro Albolino

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