I gruppi organizzati del Diego Maradona, in aperta protesta contro gli eccessi ad essi imposti, continuano nel drastico sciopero del tifo.
Tra silenzi e intransigenza continua lo sciopero del tifo al Maradona
Ennesima gara di campionato al Maradona, ed ennesimo silenzio tombale dello stadio. Venerdi è andato in scena un ulteriore appuntamento con il paradosso seriale che accompagna questa stagione. Nessuna costanza nell’incitamento, decibel da provincia ed il solito paio di canti. Supporto ai limiti dello scarno che si conferma tendenza assidua. È il frutto di quanto deciso dalle curve partenopee. Uno sciopero ferreo che non accenna ad eccezioni. In aperto contrasto con quanto si ritiene essere persecutorio ed estromettente, la strada intrapresa è quella dell’astensione al tifo. Con le sue logiche rispettabili e valide (o meno) motivazioni, la decisione è di quelle inappellabili, seppur stridente con quanto il campo può regalare, in quella che si accinge ad essere una stagione storica.
Tra silenzi e intransigenza continua lo sciopero del tifo al Maradona
Anche contro la Lazio si è dunque confermata la linea intransigente del tifo organizzato. Ancora una volta, non ci si è concesso al volume che tradizionalmente ha avvolto gli azzurri in quel di Fuorigrotta. Un silenzio che continua a fare rumore. È la risposta dei ‘gruppi’ a ciò che si reputa essere un abuso. L’accusa è, infatti, quella di aver intrapreso la strada della vessazione – a tratti persecutoria – contro il tifo ‘da curva’, e non solo.
Nel mirino, in primis, il regolamento d’uso del Maradona. Esso si denota come il più intransigente di tutta la Serie A. Gli impedimenti ai supporter sono svariati, e dai più ritenuti ai limiti dell’insensato. Ai tifosi è infatti proibito introdurre o esporre cartelli, stendardi e bandiere previa segnalazione anticipata al club. Sono inoltre proibiti megafoni, tamburi, documenti, volantini, disegni, maschere per il travisamento, materiale stampato e qualsiasi tipo di striscione (anche se non presenta alcuna scritta e che ostacola la visibilità agli altri tifosi o la segnaletica di emergenza), se diversi da quelli esplicitamente autorizzati dal G.O.S (Gruppo Operativo per la Sicurezza). Persino nell’immediato indomani del conflitto russo-ucraino era stata impedita l’esposizione di uno striscione di vicinanza alle popolazioni in guerra. A peggiorare la situazione, l’obbligo di tessera del tifoso e fidelity card.
È lo scacco matto al tifo tradizionale. Il colpo infimo a chi di gradinata vive e gioisce. È una stretta palese di una coercizione che, a dirla tutta, pare essere una dichiarazione d’ostilità al tifo organizzato. Gli eccessi ‘Orwelliani’ sono abbastanza lampanti. Non è soltanto l’unicità sui generis del regolamento, che si fa un unicum del panorama calcistico (non soltanto nazionale). È un grosso ‘no’ a quel modo di vivere lo stadio passionale e rituale, quand’anche sano e rispettoso. Il rifiuto per ogni forma di tifo che sia tradizionalmente parte di questo sport, a tratti sacramentale.
Ciononostante, non disdegna di essere singolare anche la proposta delle curve. Per quanto opinabili possano essere i divieti imposti, il tifo è una prerogativa che non può dissociarsi dal tifoso, men che meno da curva. Ostinarsi nella protesta è un diniego dei propri principi, e scopi. La negazione della sacralità di cui ci si professa custodi. È soprattutto la negazione del supporto, di cui pure i calciatori necessiterebbero. Un po’ come la storia del marito che, per vendicarsi del tradimento della moglie, opta per il taglio netto…
Per fortuna il vantaggio è ampio e non c’è da rammaricarsi di qualche punto perduto per strada. Il rimpianto per un supporto mancato, seppur necessario, avrebbe potuto inquietare l’animo di (più di) qualcuno.
Lo stadio che conosciamo è, però, una mancanza che si fa esigenza. Torniamo a far ruggire il Maradona. Torniamo ad albergare negli incubi di avversari disorientati, ed intimoriti dalla bolgia di un tempo. Lo meritano i calciatori, fautori di un campionato straordinario. Lo merita una città, culla dei suoi colori. Lo meritiamo tutti.
Non ci sono vincitori in questa storia. Tra obiettori ed intransigenti, a perdere è soltanto lo sport ed i suoi colori. Soprattutto a perdersi è l’occasione di vivere a pieno una stagione epocale.
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