Icardi è protagonista di una ottima stagione in Turchia. Sono tanti, però, i rimpianti per una carriera che avrebbe meritato altro destino.
Icardi, quanti rimpianti: dalla gloria nerazzurra all’oblio in Turchia
La stagione di Mauro Icardi in Turchia – la prima per l’argentino – procede a gonfie vele. Giunto in prestito al Galatasaray nello scorso settembre, Mauro pare essere tornato alle sane – e consuete – abitudini del gol. L’Icardi in terra turca ha collezionato ben 8 reti e 5 assist in sole 11 presenze. Un trend notevole, dunque, che consente ai ricordi dei fasti italiani di riaffiorare (malinconicamente) nelle menti dei tifosi italiani, in particolar modo interisti. I ricordi, però, non giungono mai soli. Le prestazioni e, soprattutto, i numeri di Mauro nel Bel Paese non possono fare altro che indurre alle fatidiche domande: cosa ci fa uno come Mauro in Turchia? Con una storia differente, e scelte consapevoli, dove sarebbe ora?
Per comprendere il senso di tali domande – e perché no, delle risposte – può forse essere utile prendere nuovamente confidenza con il grande giocatore che prometteva di essere. Nell’estate del 2013 arrivava a Milano un giovane nove argentino che avrebbe riacceso presto gli entusiasmi di una piazza boccheggiante. Reduce da una annata prolifica – e promettente – in blucerchiato, Icardi sbarca a San Siro con l’onere dei grandi argentini della storia nerazzurra. Non è l’Inter dei grandi trofei, e nemmeno una squadra da top four, il club versa in una turbolenta fase transitoria tra gli onori del triplete ed il limbo di piazzamenti mediocri.
Maurito, però, riaccende nei tifosi interisti la fiamma dell’orgoglio del grande club. Nella sua seconda stagione vince il titolo capocannonieri, ed in quella successiva realizza ben 16 reti. Nella Milano nerazzurra, tribolata e confusionaria, tra mille polemiche e ribaltamenti, Mauro è difatti quel calciatore che pare materializzarsi dal passato glorioso del club. Un realizzatore famelico e spietato, un vero animale da area di rigore. Icardi pare trovare nelle difese avversarie il proprio habitat naturale, sapendo muoversi e lottare con scaltrezza e sinuosità con i difensori avversari. Chiellini arriverà persino a definirlo l’attaccante peggiore da marcare.
Un nueve argentino romanticamente giunto dal passato delle grandi punte sudamericane, che sa essere una vera e propria macchina da gol. Nelle sei stagioni interiste Icardi collezionerà la bellezza di 111 reti in 188 presenze. Una garanzia per i compagni, una sentenza per gli avversari. L’argentino era l’idolo indiscusso della Milano a tinte blu, che vedeva impreziosirsi la leadership con la fascia di capitano concessagli da mister Mancini. Il giusto riconoscimento per un giocatore che aveva saputo conquistare pubblico e compagni, guidando la squadra verso una rinascita che prometteva nuovi sfarzi.
Icardi, quanti rimpianti: dalla gloria nerazzurra all’oblio in Turchia
Abbiamo, tuttavia, introdotto l’articolo con una serie di interrogativi. Con i se ed i ma, però, non si va molto lontano. Il senso di porsi le domande poc’anzi citate risiede in una storia omessa dall’aspetto puramente tecnico ma che, purtroppo, ha finito per invaderlo, ed inquinarlo. Mauro fu, suo malgrado, protagonista di discusse vicende extra-campo già durante la sua ultima stagione in terra ligure. L’inizio della relazione con Wanda Nara, nel 2013, costituì un episodio tanto controverso quanto controproducente, soprattutto per il percorso dell’ex Samp in nazionale. Inutile ribadirne i motivi.
Una love story che impegnò non poco le riviste scandalistiche, e non certo con loro dispiacere. Con cadenza mensile le novità ed i retroscena sulla coppia più discussa dell’Italia calcistica si susseguivano senza nemmeno troppo ostruzionismo degli interessati. Non deve essere stato troppo spiacevole un tale caos mediatico e, per certi versi, pubblicitario per una aspirante ‘tuttofare televisiva’. Una polarizzazione mediatica che, però, negli anni si faceva persistente. Non una manna – in teoria – per un calciatore che debba garantire concentrazione e professionalità, oltre che impeccabile presentabilità con una prestigiosa fascia al braccio. Fin quando però – direbbero in molti – i gol arrivano, nulla da obiettare.
I problemi, tuttavia, sorgono quando l’extra-campo invade il campo stesso, sino a confonderli ed incidere sul terreno di gioco. Distinguere l’Icardi giocatore (e capitano) dal personaggio giornalistico diveniva opera sempre più difficile. L’identità ‘gossippata’ sembrava lentamente impossessarsi dell’atleta, sino a creare facili confusioni sul campo, e notevoli imbarazzi per la società. Icardi evolveva sempre più evidentemente in una entità plasmata a piacere e soggettività della propria amata.
L’epilogo, tanto indecente quanto stucchevole, giungeva nell’ultima travagliata stagione milanese. Le voci di un accordo con la Juve, il ritiro della fascia e l’esclusione dalla rosa sino al (prevedibile) fallimentare trasferimento parigino. Una regia occulta di una mente poco sapiente circa il calcio e le sue complesse dinamiche. Perché, tra le avventure (e sventure) passionali degli ex signori Icardi abbiamo omesso di menzionare un dettaglio non di poco conto, ma sicuramente assai sconveniente: la promozione della signora ad agente del calciatore.
È così che, all’età di 29 anni, uno dei nove più promettenti e forti mai ammirati nella nostra Serie A si ritrova a svernare con triste precocità in un campionato per vecchie glorie al tramonto di albori passati. Una promessa non mantenuta, un gioia negata agli occhi di milioni di tifosi. Un calciatore straordinario che ha smesso troppo presto di correre dietro un pallone, per rincorrere futili velleità. Eppure, caro Mauro, sarebbe bastato poco. La semplice attenzione dedicata puramente al campo, senza stravolgerne le dinamiche per passionali ed irrazionali . Al cuor non si comanda, è vero, ma il calcio è uno sport totalizzante, che ruba gambe, mente e cuore.
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