Pompeo Di Fazio, autore del libro “Aboliamo la Juventus” ha parlato del segnale che potrebbe dare al sistema la sentenza di ieri e tanto altro a “1 Football Club”, programma radiofonico condotto da Luca Cerchione in onda su 1 Station Radio. Di seguito, un estratto raccolto dalla redazione di IlSognoNelCuore.com.
Juventus, Di Fazio: “Penalizzarla potrebbe dare un forte segnale al sistema calcio e paese”
Passione per il Napoli? “Non sono napoletano, abito a Frosinone. Ma fin da bambino, accendendo la TV in un pomeriggio d’estate, ho ammirato la presentazione di Maradona allo stadio e non ho mai più perso nessuna partita dei partenopei. Abito fuori dai confini della Campania, ma la mia fede è azzurra, sebbene nel mio territorio ci siano tanti tifosi della Juve”. Racconto del libro? “L’opera nasce in un momento particolare della mia vita. Un anno fa stava per nascere mia figlia, destinataria del libro. È un racconto nel quale io mi pongo una domanda: ‘Come si costruisce una società giusta?’. Considerata la mia passione per il calcio, ho utilizzato questo sport come metafora di ciò che non funziona nella società italiana. Trovo questo funzionamento sbagliato nella Juve, non tanto per la squadra dal punto di vista calcistico, ma per quanto concerne la juventinità, come approccio alle situazioni esistenziali, risolvere i problemi attraverso diversi sotterfugi.
Non voglio l’abolizione della Juve come squadra, anche perché mi fa piacere ammirare le eliminazioni del club in Champions ogni anno… Ma vorrei l’abolizione di questo approccio di vita, perché per me la Juventus e la juventinità sono un modello negativo da non mostrare ai giovani”. Possibili conseguenze politiche, finanziarie e di immagine alla Juve? “Una federazione, una nazionale che non approda ai Mondiali in momenti coincisi con il dominio della Juve, non esiste nulla di peggio. Penalizzare la società bianconera, continuando dei processi, potrebbe dare un forte segnale al sistema calcio e paese. Forse si potrebbe ritrovare un certo rispetto al di fuori dei nostri confini perché non è possibile continuare a tollerare un sistema nel quale il campo è l’ultimo dei valori”.
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Pasquale Caldarelli