Up&Down: Fiorentina, quando sugli spalti si perde peggio che in campo

Permanenza Di Lorenzo Napoli
UP&DOWN FIORENTINA – La settima giornata di Serie A regala alla rubrica Up&Down, scritta in esclusiva per www.paolobargiggia.tv da Luca Cerchione, un solo, grande, Down: i tifosi della Fiorentina. Le note liete, per fortuna, ci sono, e provengono tutte dalle partite di sabato.

Up&Down: Fiorentina, quando sugli spalti si perde peggio che in campo

Inutile spiegarne i motivi, ben noti a tutti. Ciò che lascia uno spunto di riflessione, dopo i fatti di Firenze, è che si può perdere nella vita più che in campo. Nell’ultimo trimestre del 2021 non è più tollerabile assistere a situazioni di questo genere. Men che meno in un campo di calcio, lo sport più seguito al mondo. I “buu” rivolti ai calciatori di colore identificano perfettamente, per proprietà di linguaggio, gente che non si è evoluta. Che è rimasta all’età della pietra. A nulla è valso l’appello del presidente Viola, Rocco Commisso – ironia della sorte, di origini calabresi, pertanto anch’egli terrone -. Il patron, a due giorni dalla partita, aveva chiesto ai suoi tifosi di evitare discriminazioni territoriali e razziali. Gli “esseri” presenti all’Artemio Franchi, però, non hanno ascoltato la paternale del magnate italoamericano. Per concludere, dopo una partita passata ad augurare la morte ai napoletani per mano del Vesuvio, ed a sottolineare ogni palla giocata da Koulibaly, Anguissa ed Osimhen con il becero “buu”, un “genio” ha ben pensato di apostrofare il difensore azzurro col termine “scimmia”. Il calcio, ma più in generale lo sport, è un’altra cosa.

Up&Down: Castori vince la prima in A, Locatelli è già fondamentale. E Inzaghi…

Grazie al gol di Milan Djuric al minuto 68 di Salernitana-Genoa, i padroni di casa hanno regalato a Fabrizio Castori la prima vittoria nella massima serie del campionato italiano. Una vittoria attesa dalla stagione 1980/81, quella in cui il marchigiano ha esordito in panchina. Una vita di gavetta, che lo ha portato ad allenare in tutte le serie del calcio italiano, dalla Terza Categoria fino alla Serie A. Il secondo, in ordine cronologico, dopo Maurizio Sarri. Ironia della sorte, anche il mister toscano ha il suo stesso stile da uomo trasandato, da professionista più interessato al contenuto che all’etichetta. A Castori è facile voler bene: umiltà disarmante, capace di dimostrare al mondo intero che i sogni possono diventare realtà. Anche se c’è bisogno di attendere quarantuno anni. Manuel Locatelli, invece, a differenza del sopracitato allenatore, è sempre stato un predestinato. A sei anni vestiva già la casacca dell’Atalanta, a undici quella del Milan, squadra con cui esordisce in Serie A ad appena diciotto anni. A vent’anni, però, i rossoneri non lo ritengono più all’altezza della situazione, e lo cedono al Sassuolo. In neroverde, sotto la sapiente guida di Roberto De Zerbi, si afferma tra i migliori centrocampisti italiani, guadagna la Nazionale e vincendo l’Europeo 2020. Il passaggio alla Juventus è un affare per i bianconeri: prestito biennale gratuito, con obbligo di riscatto pagabile in cinque anni. In sette partite agli ordini di Allegri mette a segno due gol – gli stessi segnati in tre campionati di Milan – che hanno portato a Torino sei punti. Biglietto da visita importante, che sta confermando quanto di buono avevano intravisto in lui gli scout della Dea. Anche la Nazionale di Mancini può dormire sonni tranquilli per il prossimo decennio.

Up&Down: Simone Inzaghi, il Covid, le sostituzioni

Nessuno al mondo si aspettava la pandemia di Covid-19. Fino ad un paio di anni fa, non era nemmeno ipotizzabile che in una partita di calcio si potessero fare cinque cambi. Eppure, c’è chi ha imparato subito a sfruttare al massimo questa possibilità. Parliamo, ovviamente, di Simone Inzaghi, neo tecnico dell’Inter. Dopo una discreta carriera da calciatore, nemmeno lontanamente paragonabile a quella di Pippo, inizia quella da allenatore alla Lazio. Allievi regionali, Nazionali, Primavera ed infine traghettatore della prima squadra. Il rifiuto di Bielsa a Lotito lo catapulta, tra lo scetticismo generale, a guidare ufficialmente i biancocelesti. Una Coppa Italia e due Supercoppa Italiana sono, a distanza di quattro anni, il bottino. Lo stesso scetticismo, però, lo ha accompagnato nel suo passaggio ai neo-campioni d’Italia dell’Inter, orfani di Conte, Lukaku e Hakimi. Alla quinta di campionato batte la Fiorentina, squadra che propone il miglior calcio in Italia. Alla settima, contro il Sassuolo, decide di sostituire quattro calciatori in un colpo solo, ribaltando l’1-0 dei padroni di casa. Simone, che da calciatore si era dimostrato meno decisivo di Pippo, sulla panchina sta diametralmente invertendo il trend. Luca Cerchione
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